"Debt-output ratios, are of little value per se for assessing the probability of default"
Fonte : "Rules of Thumb" for Sovereing Debt Crises - Paolo Manasse e Nouriel Roubini (2005) (qui)
Il fatto che il rischio di fallimento di un paese aumenti con il crescere del debito pubblico, cioè del rapporto debito pubblico PIL, è un'idea molto in voga nell'informazione di massa ma che, alla prova dei fatti, si dimostra inaffidabile.
Per dimostrarlo, prendiamo l'elenco degli episodi di fallimento a partire dal 1999 pubblicato da Standard & Poor's: Default, Transition, and Recovery 2024 (qui). Io ho usato l'edizione 2023 che però non è più on line. A fianco di ogni singolo default aggiungiamo una colonna con il rapporto debito pubblico PIL relativo all'ultimo dato annuale disponibile prima dell'evento. I valori sono quelli scaricabili dal WEO (qui). Il risultato è quello della tabella sottostante, dove troviamo paesi con un debito pubblico molto elevato, sopra il 100% del PIL, ma anche altri che stanno nell'intervallo tra il 60% e il 99% e altri ancora che rientrano addirittura nella soglia del 60% (quella prevista dal trattato Maastricht).
Se fosse vero quello che ci raccontano i media, e anche alcuni economisti, cioè che la probabilità di default incrementa all'aumentare del parametro debito PIL, dovremmo riscontrare un numero maggiore di episodi di fallimento tra i paesi con un elevato valore di questo rapporto. Questa tesi non è suffragata dai dati, infatti il grafico sottostante non indica affatto questa tendenza. Il 31% del nostro campione ha un rapporto debito PIL inferiore al 60%, il 40% è compreso tra il 60 e il 99% e solo il 29% ha un valore maggiore del 100%.
Risulta pertanto confermata la citazione riportata al principio di questo post, tratta da un noto articolo scientifico in materia di fallimenti: "I rapporti debito prodotto hanno di per sé poco valore nel calcolo della stima della probabilità di fallimento".
Ora proviamo ad aggiungere al nostro campione un'altra colonna, con il valore del debito/credito estero netto in rapporto al PIL. Mi riferisco, ovviamente, alla posizione netta con l'estero (PNE) che in inglese viene chiamata Net International Investment Position (NIIP). La fonte è, come di consueto, la base dati External Wealth of the Nations di Milesi Ferretti scaricabile in rete (qui). Purtroppo dovremo fare a meno dei valori corrispondenti ad alcune posizioni che sono dentro al nostro elenco ma di cui mancano i dati relativi alla NIIP.
Notiamo una cosa interessante, mentre il rapporto debito PIL varia enormemente da caso a caso, quasi tutti i casi fallimento dell'elenco (82%) sono associati a posizioni di debito estero netto (NIIP negativa). Se poi eliminassimo dal campione la Russia del 2022, dichiarata fallita solo per una disputa politica provocata dalla guerra in Ucraina, e alcuni default argentini causati da mancati accordi sul rimborso di somme relativamente risibili, raggiungeremmo la quasi totalità dei casi.
Cosa abbiamo imparato? A fallire sono generalmente i paesi con una posizione debitoria netta con l'estero che non sono per forza quelli con un alto rapporto debito pubblico PIL.
Se ciò che abbiamo appreso corrisponde al vero, allora è importante sottolineare il fatto che il debito estero netto, al contrario di quello pubblico, è il risultato di attività e passività che, di solito, si originano prevalentemente nel settore privato. Questa scoperta ci apre una finestra sul mondo reale, quello in cui non è detto che l'instabilità finanziaria di un paese sia causata dalle pazze spese di governi alla ricerca di consenso politico, come vorrebbe farci credere certa propaganda. Spesso e volentieri infatti è il settore privato che, dopo aver messo al sicuro i profitti maturati durante il percorso che porta alla crisi, ottiene dalla politica la socializzazione delle perdite accumulate al momento della tempesta. Ma com'è possibile che una crisi nata da un debito privato metta a repentaglio la solvibilità del settore pubblico? Questo lo scopriremo qui.
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