Come prima cosa desidero ringraziarvi per le numerose visualizzazioni e condivisioni del mio post precedente che, qualora non aveste ancora letto, potete trovare qui.
Un ringraziamento particolare va a @EntropicBazaar e @the_brumby per avermi suggerito una serie di studi che mi hanno consentito di approfondire il giudizio della comunità scientifica sulle conseguenze del lockdown come strumento per salvare vite umane durante la pandemia da Covid-19 attualmente in corso. Un argomento che, a quanto pare, non appassiona solamente il sottoscritto.
Nella narrazione di massa esiste una contrapposizione fra chi "Crede alla scienza" e chi no. L'argomento assume la connotazione tipica della fallacia dell'uomo di paglia perché, in effetti, chi lo utilizza intende porre il discorso, a suo favore, dando per scontato qualche passaggio logico, di non lieve entità, che meriterebbe di essere approfondito.
Intanto, la scienza non andrebbe "Creduta", cioè bisognerebbe studiarla invece che accettarla con un atto di fede; e poi si pone anche il problema di accertare cosa dica veramente la scienza.
Anche ammettendo che fidarsi di quello che dicono le persone autorevoli come gli scienziati può essere accettabile, non bisogna fare sempre troppo affidamento sulle altrui capacità di intercettare correttamente il pensiero della comunità scientifica. Non è detto, infatti, che i mezzi di comunicazione che ci informano non si rivelino superficiali, o tendano a trasmettere una divulgazione molto orientata, alterando così la nostra percezione di ciò che sostiene realmente la scienza.
In questo post vi propongo, senza l'ambizione di poter esaurire l'argomento, una serie di lavori scientifici a favore, o critici, verso le più restrittive misure di contenimento introdotte dai governi di mezzo mondo a seguito della pandemia di Covid-19.
Ho trovato tre studi che asseriscono, in accordo con la narrazione prevalente, che le misure di distanziamento sociale abbiamo salvato molte vite umane. Questi documenti, si basano sul confronto fra i modelli matematici che stimano l'andamento curva dei contagi in assenza di politiche di contenimento, e i dati reali. Il loro giudizio positivo sul lockdown è dato dal minor numero di vittime nella realtà, in cui è stato implementato il distanziamento sociale, rispetto a quelli delle stime calcolate dal modello previsionale, eseguito nell'ipotesi di assenza di misure contenimento. La loro validità è pertanto strettamente connessa alla correttezza dei modelli matematici applicati che rappresentano uno scenario ipotetico, non verificabile.
Ovviamente, in questi casi, un'esagerata previsione dei contagi che si sarebbero sviluppati in assenza di misure di contenimento altera il giudizio sull'efficacia delle stesse. Pertanto, si pone la questione se i modelli matematici utilizzati rappresentino un controfattuale attendibile.
Per esempio, l'attendibilità di queste previsioni contrasta con la mancanza di correlazione fra severità delle misure di contenimento e tasso di mortalità da Covid-19 suggerita dalla mia analisi del post precedente a questo. Cioè, se in mancanza di adeguate politiche di lockdown il prezzo di vite umane pagato fosse stato maggiore, avrei dovuto riscontrare più decessi, per milione d'abitanti, nei paesi che le hanno implementate con meno severità degli altri. Tuttavia, come abbiamo visto, così non è. Il controfattuale ipotetico (il modello matematico previsionale) contrasta con il controfattuale reale (gli esempi in cui il lockdown non è stato eseguito).
Inoltre, lo stesso studio di Flaxman "Estimating the effects of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in Europe" si pone la questione se le stime eseguite siano congruenti e ammette potrebbero essere sovrastimate, anche se poi aggiunge che nella conta andrebbe considerato anche l'aumento di mortalità dovuto all'impossibilità delle strutture ricettive sanitarie di accogliere tutti i malati presupponendo però, ancora una volta, che vi sia una relazione tra misure restrittive e contagi; il che è precisamente quello che lo studio si propone, o si dovrebbe proporre, di dimostrare.
Lo studio di Hsiang parrebbe considerare, in assenza d'interventi, semplicemente una curva dei contagi esponenziale del 38% giornaliera.L'applicazione di questo approccio basato su modelli matematici è risultato particolarmente infelice nel rapporto del CTS di fine aprile 2020, quello diventato popolare per le 150.000 terapie intensive entro metà giugno 2020 che, ovviamente, non si sono verificate. Non so quanto il modello matematico del CTS assomigli ai precedenti, ma il fatto di aver proposto una stima sui contagi futuri, anziché su un passato ipotetico, ha messo alla luce tutti i rischi di questo tipo di approccio alla valutazione dell'efficacia del lockdown, dato che, a differenza dei altri casi, in questo è risultato evidente a tutti che quanto previsto non è realmente accaduto.
Se volete dare un'occhiata a queste ricerche scientifiche, le trovate qui sotto:
- Estimating the effects of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in Europe
- The effect of large-scale anti-contagion policies on the COVID-19 pandemic
- Rapporto del CTS sulle riaperture discusse dal governo per l'attuazione della cosiddetta "Fase 2"
Oltre ai tre suddetti studi favorevoli al lockdown ne esistono una trentina piuttosto critici. Questi, di norma, misurano l'efficacia delle politiche di contenimento sulla base dei dati storici, cioè sull'andamento delle curve dei contagi e dei decessi realmente avvenuti.
La maggior parte di essi sostengono che non ci sia alcuna evidenza dell'efficacia del lockdown, o comunque di severe restrinzioni al movimento personale.
Oltre al già citato (nel post precedente) "Assessing Mandatory Stay-at-Home and Business Closure Effects on the Spread of Covid-19" che può vantare tra gli autori John P.A. Ioannidis (che possiede un indice bibliometrico "H-Index" di 162 contro, ad esempio, il 27 del nostro stimatissimo Roberto Burioni), su Lancet è stato pubblicato "A country level analysis measuring the impact of government actions, country preparedness and socioeconomics factors on COVID-19 mortality and related health outcomes" in cui si afferma che il lockdown non è statisticamente associato a una riduzione della mortalità da Covid-19.
Alcuni, come Homburg "The illusory effects of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in Europe", sostengono che i modelli matematici utilizzati negli studi favorevoli al lockdown, che sono in funzione, ad esempio, di curve dall'andamento esponenziale, tendono a sovrastimare i suoi benefici, perché non tengono conto del fatto che l'epidemia ha un suo andamento naturale che prima o poi si attenua, indipendentemente dall'applicazione o meno di misure di contenimento.
L'elenco completo degli articoli lo trovate qui. Potete consultarlo anche senza un account Twitter. Oltre al collegamento ad ogni documento, nei tweet, è incluso anche un breve estratto per ognuno di esso.