Collegamenti alle puntate precedenti:
- Le aree valutarie ottimali di Mundell
- Il ritorno alle monete nazionali favorirebbe il processo d'integrazione europea che oggi l'euro mette a repentaglio
- Economisti che avevano previsto il disastro dell'euro: terzo episodio
Oggi vi proporrò le considerazioni di un economista italiano molto noto: Alberto Alesina.
Nel 1997 il Prof. Alesina commentò un articolo dell'economista Maurice Obstfeld (Berkeley University) intitolato Europe's gamble (la scommessa europea). Troverete il commento a partire da pagina 301 della pubblicazione.
Alesina era molto pessimista sull'euro. Infatti, secondo lui, era una di quelle scommesse che non avrebbe dovuto essere accettata. Di seguito, un breve riassunto del suo punto di vista di allora.
1. L'Europa ha la dimensione territoriale ottimale per essere uno stato nazionale? L'Unione politica europea è incontraddizione con una tendenza storica. Infatti, nel 1946 c'erano 74 paesi, mentre nel 1997 si contavano 192 nazioni, di cui 87 con meno di 5 milioni di abitanti. Questa tendenza, secondo Alesina, si spiega con il fatto che la globalizzazione ha reso meno rilevanti i benefici dovuti alla grandezza territoriale. <<Per quale motivo un paese dovrebbe rinchiudersi in un'unione politica, quando potrebbe rimanere piccolo, godendo della propria autonomia, e commerciando pacificamente con il resto del mondo?>>
2.L'Europa è un'area valutaria ottimale? Secondo Alesina, quasi certamente no. Infatti, i benefici dell'euro sono probabilmente piccoli, in compenso, i costi, che sono difficili da misurare, rischiano di essere abbastanza grandi. Tra questi gli shock economici asimmetrici (che sono quelli che colpiscono le produzioni di alcuni paesi più di quelle di altri) dovrebbero essere fonte di preoccupazione. Questo perché la rigidità di cambio impedirebbe ai paesi più colpiti dalla crisi di mettere in atto la svalutazione necessaria a ritrovare la competitività perduta con la crisi. Oltretutto in Europa, al contrario che negli USA, manca la mobilità sociale tipica di un'area valutaria ottimale, a causa delle differenze linguistiche e culturali. <<Penso che l'unica alternativa ragionevole all'unione monetaria nel lungo periodo sia la flessibilità dei cambi, e la libera circolazione dei beni e dei fattori di produzione>>.
3.L'euro aiuta la convergenza tra i paesi europei? Ipotizzando che l'euro sia una pessima idea, creare un pessimo sistema monetario scorretto solo per imporre a pochi paesi di ridurre inflazione e deficit pubblici rischia di essere una politica più negativa che positiva nel lungo periodo. D'altro canto, se l'euro fosse il sistema corretto, la convergenza economica fra i singoli paesi sarebbe un fatto naturale. Quindi, secondo Alesina, l'euro servirebbe solo nel primo caso, cioè quando si rivela più che altro un danno. Inoltre i parametri europei, pur incentivando alcuni paesi a ridurre più velocemente i propri deficit di quanto avrebbero fatto fuori dall'unione monetaria, pongono l'accento più sulla riduzione di tali deficit che sul livello di spesa e tassazione, rischiando così di danneggiare la crescita economica. Infine, anche l'esperienza passata ha dimostrato come la riduzione dei tassi d'inflazione avvenuta durante gli anni ottanta non è stata più rapida per i paesi aderenti al Sistema Monetario Europeo (SME) rispetto a tutti gli altri appartenenti all'OCSE. <<Anche se io non nego che i progressi dell'unione monetaria e il trattato di Maastricht abbiano contribuito ad aiutare i paesi europei a regolare la politica fiscale, non è completamente chiaro in che misura lo abbiano fatto>>
4.L'euro consoliderà la pace in Europa? E' stato più volte affermato sia in ambito accademico che sulla stampa che gli svantaggi dell'euro saranno poca cosa rispetto ai vantaggi dell'unione politica europea, che impedirebbe nuovi conflitti militari come quelli avvenuti durante due guerre mondiali. Alesina trova questo argomento non solo poco convincente, ma persino sbagliato. <<Vorrei far notare come nel corso dei precedenti vent'anni, la tensione fra i paesi dell'Europa occidentale sia stata raramente così alta come negli ultimi mesi, in cui l'unione monetaria sta diventando una realtà>>. Alesina si riferisce al 1997, ma questa considerazione è ancora più valida oggi.
La conclusione, infine, contiene con due considerazioni molto interessanti, soprattutto se viste col senno di poi.
La prima è che i sindacati si sarebbero potuti opporre alla maggiore flessibilità nel lavoro che avrebbe necessariamente prodotto l'euro. Infatti, le riforme sul lavoro iniziarono proprio nel 1997 con la legge Treu, continuarono la riforma Biagi 2003, e infine (per ora) siamo arrivati al Jobs Act del 2015. Tuttavia, l'opposizione dei sindacati paventata da Alesina è stata, in fin dei conti, molto sopravvalutata.
La seconda è che i cittadini europei, quando interpellati, si sono sempre dimostrati molto più prudenti dei propri leader riguardo al progetto europeo. E io aggiungo che oggi, dopo diciotto anni, l'euro non ha certo portato una ventata di europeismo tra le popolazioni.
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