lunedì 3 novembre 2014

Renzi: l'uscita dall'euro e i tassi d'interesse

In questo video di un anno fa Matteo Renzi rispondeva a una persona che gli chiedeva la sua opinione sull'uscita dell'Italia dall'euro dicendo che sarebbe un disastro: "pensate solamente al problema del costo degli interessi...il valore dello spread schizzerebbe alle stelle".


L'attuale Presidente del Consiglio era giustamente preoccupato dal tema degli interessi sul debito pubblico che, come abbiamo visto (qui) negli anni tra il 1981 e il 1992 (con una coda del problema fino al 1994) è aumentato proprio a causa degli alti tassi d'interesse.

Nel grafico successivo potete osservare l'andamento mensile del tasso d'interesse rendistato (che equivale al rendimento medio lordo dei BTP emessi con durata superiore a un anno). Avrei potuto prendere i dati dei tassi d'interesse a breve (o a lungo), ad esempio dal database dell'OCSE (qui) perché in economia ci sono differenti tassi d'interesse. Tuttavia, la sostanza non cambia. Infatti, più che sui valori raggiunti, ci concentreremo più che altro sull'andamento della curva.


Il periodo selezionato nel grafico precedente corrisponde all'anno in cui siamo entrati nella banda di oscillazione stretta del Sistema Monetario Europeo (SME) e arriva fino alla fine del 1996, cioè quando abbiamo negoziato i cambi irrevocabili che poi dal 1999 avrebbero dato vita all'euro.

Come funzionava lo SME?

Era una sorta di cambio quasi fisso tra le varie monete europee dei paesi europei che aderivano all'accordo. La banda d'oscillazione della lira, in un primo momento, era stata fissata attorno al 6% (in più o in meno) ma dal gennaio 1990 venne ridotta al 2,25%.

Il cambio fisso è di fatto una limitazione alla sovranità monetaria di un paese. Sia esso agganciato al valore di un bene come l'oro (com'era durante il periodo del Gold Standard) che a quello di altre valute (marco, dollaro, sterlina, etc. etc.). Questo, impone alla banca centrale dei paesi aderenti di cambiare la propria moneta con un'altra ad un valore prefissato. Ne consegue che alla banca centrale spetta l'onere di avere sempre a disposizione le riserve valutarie necessarie a tali operazioni di cambio.

Quindi, la banca centrale fa una promessa di cambio fisso, e come fa a mantenerla?

Se la bilancia commerciale è positiva le valute estere entrano tramite le esportazioni, altrimenti bisognerà attirarle vendendo titoli di Stato, e alzando un po' il tasso d'interesse per renderli più appetibili agli investitori esteri che comprandoli riforniscono la banca centrale di valuta straniera.

Se osservate ancora il grafico di cui sopra noterete che ad un certo punto ci fu una brusca salita del tasso d'interesse, che corrisponde all'ultimo periodo di adesione dell'Italia allo SME. In quei giorni, successivi alla recessione americana del 1991, la Banca d'Italia vedeva assottigliarsi le proprie riserve valutarie e continuava ad aumentare il tasso d'interesse dei titoli di Stato in emissione, nel vano tentativo di fermare l'emorragia. Ad un certo punto, il 17 settembre 1992, l'Italia ruppe l'accordo di cambio e uscì dallo SME. Venendo meno la necessità di proteggere il cambio, i tassi d'interesse diminuirono. In seguito, l'andamento oscillò senza mai tornare ai livelli di quel settembre 1992 e, soprattutto dal 1995, diminuirono. Segno che era possibile contenere il tasso d'interesse anche durante gli anni della lira, tutto a beneficio del debito pubblico che, anche grazie alla ripresa economica, a partire al 1994, diminuì in rapporto al PIL (vedi anche post: quelli che il debito pubblico c'è perché abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità).

Ora, guardate il secondo grafico. Il periodo preso in considerazione è il biennio 2011-2012, gli anni terribili dello spread (ovvero la differenza fra i tassi d'interesse dei BTP e dei Bund tedeschi entrambi con scadenza decennale).

Vale la pena ricordare che, se durante lo SME la sovranità monetaria era limitata, con l'euro è stata completamente azzerata. Infatti, la nostra banca centrale non può stampare euro, e lo Stato ottiene i soldi necessari al suo funzionamento solo tramite la vendita dei titoli del debito pubblico al tasso d'interesse deciso dal mercato.

Cosa successe?

Anche in questo caso abbiamo un picco massimo, che corrisponde al momento in cui i mercati ebbero paura della deflagrazione dell'area euro, e quindi di vedersi restituiti i propri soldi in lira svalutata, anziché nella nostra attuale moneta pregiata.

La soluzione al problema dei mercati fu politica, come nel 1992, come erano del resto politici anche gli accordi che il problema l'avevano creato (lo SME e l'euro). L'allora Presidente Berlusconi, che aveva basato il suo governo sulla negazione della crisi (frutto del pessimismo cosmico) e sul mancato aumento delle tasse fece un passo indietro per lasciare strada ad un governo che, sotto la maschera dei tecnici, ma con la responsabilità delle maggiori forze politiche italiane, avesse le mani libere per fare quelle manovre di austerità necessarie a proteggere il nostro cambio con l'euro (vedi anche post: a che cosa è servita l'austerità).


Qual'è la conclusione?

Che, i tassi d'interesse potrebbero anche essere più alti di oggi se tornassimo alla lira il che, tra l'altro, dovrebbe essere una cosa tutto sommato positiva, perché legata alla ripresa della domanda di consumi interni. In ogni caso, saranno sicuramente più bassi del momento in cui saremo costretti ad abbandonare l'euro. 

La libertà ha il suo prezzo, ma questo non è un buon motivo per consentire a qualcuno, nemmeno ai mercati, di metterti un guinzaglio, o meglio, un cappio al collo. 


PS: comunque, date un'occhiata ai tassi dei finanziamenti (quelli TAEG mi raccomando!), o ai fidi bancari concessi alle vostre aziende. Non è che oggi siano poi così bassi. Learn to survive.




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