lunedì 6 luglio 2015

La Grecia e la fila al bancomat

Da almeno una settimana il servizio di apertura di ogni telegiornale mostra le immagini dei greci che fanno la fila in banca per ritirare la pensione, o prelevare al bancomat, fino a un massimo di 60 euro giornalieri. Queste immagini sono sempre accostate, precedute, o seguite, dagli ipocriti inviti al dialogo di qualche esponente della Troika, peraltro responsabile di aver chiuso i rubinetti alle banche greche dopo la rottura della trattativa in corso con il gorveno ellenico. Questi poi, non si fanno nemmeno alcun problema a intervenire spudoratamente nella politica interna di un paese terzo, suggerendo di votare si al referendum indetto da Atene, e prospettando la possibilità che questo aprirebbe la strada ad un accordo più favorevole con la Grecia. Infine, il giornalista di turno riporta qualche dichiarazione di Tsipras (il primo ministro greco) che invita i suoi elettori a confermare la scelta contro l'austerità, che peraltro hanno già preso votandolo alle ultime elezioni facendogli fare, più o meno velatamente, la figura responsabile della situazione e della presunta catastrofe che colpirebbe il suo popolo se si azzardasse a sfidare la Troika uscendo dall'euro. La campagna mediatica in corso è talmente maligna, e di cattivo gusto, che non posso esimermi dal cercare di ripristinare, pur con i miei limitati mezzi, un po’ di lealtà d’informazione.

In Grecia è si in corso una fuga di capitali dalle banche, ma dal 2010, non da qualche giorno. Pensavate davvero che le persone che potevano vantare almeno una discreta sommetta da parte avrebbero aspettato l’estate 2015 per mettere al sicuro i propri risparmi dalla svalutazione? No. E infatti, come potete osservare dal grafico qui sotto, sono cinque anni che dalla Grecia i capitali fuggono all’estero.

Nel grafico qui sopra i dati mensili relativi alla consistenza dei depositi bancari in Grecia in milioni di euro dal 2001 (anno di entrata della Grecia nell'euro) fino al 2015. Osservate come il bank run vero e proprio, al cui confronto quello di questi giorni è poca cosa, inizia nel 2010, poco dopo il primo "salvataggio" da parte della Troika.
Fonte dati; Banca di Grecia (qui)
Le banche greche sono state finanziate in eccesso per anni da quelle francesi e tedesche che, evidentemente, consideravano un buon affare investire in Grecia. Questo fino alla crisi, quando le banche del centro e del nord Europa hanno improvvisamente smesso di finanziare quelle elleniche. A quel punto, la paura dell’uscita dall’euro, e della conseguente svalutazione della dracma, hanno provocato quello che gli economisti chiamano bank run (corsa agli sportelli). Quello a cui assistiamo oggi, grazie al clamore dei media, è solo l’ultima fase di un processo iniziato cinque anni fa nel loro più totale silenzio.

Questa storia finirà in due modi:
  1. se la Grecia non dovesse trovare un accordo con la Troika e uscisse dall’eurozona, molto semplicemente, stamperebbe la propria moneta, che varrebbe sicuramente meno dell’euro, ma che sarebbe comunque disponibile in banca senza limiti ai prelevamenti, come in ogni paese del mondo;
  2. se invece la Grecia dovesse trovare un accordo con la Troika, riprenderebbe il programma di finanziamenti tramite il fondo salva stati europeo (il MES), magari spremendo ancora una volta i contribuenti europei (e/o quelli greci), e le file al bancomat, scomparirebbero anche in questo caso.
Quindi, questi disagi sono solo contingenti, e soprattutto, ne sono responsabili coloro i quali, dopo aver fatto gli interessi delle banche private che hanno investito in Grecia, e che sono rientrate dai loro crediti tramite i soldi dei contribuenti, ora stringono il cappio intorno al popolo greco già martoriato da anni di crisi e disoccupazione. 




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