lunedì 25 aprile 2016

Draghi-Merkel e la polemica sui tassi d'interesse

E' di questi giorni la polemica tra la cancelliera tedesca, la Signora Merkel, e il governatore della Banca Centrale Europea Mario Draghi, per il mancato aumento dei tassi d'interesse, fermi al minimo storico (qui). Immagino che alcuni di voi si saranno domandati come mai in Germania spingono per un rialzo del costo del denaro?

I lettori di questo blog sono consapevoli del fatto che la crisi economica europea è causata dal tentativo, in atto, di porre rimedio allo squilibrio macroeconomico in essere tra i vari paesi che aderiscono all'eurozona.

Nel paese più ricco, la Germania, continuano ad affluire sempre più denari, a causa del saldo fortemente attivo delle partite correnti.


Come ci ha raccontato nel 2013 il vice presidente della BCE, nel corso degli anni duemila, il surplus realizzato dall'economia tedesca non rimaneva in Germania ma, coloro i quali lo realizzavano, imprenditori e banchieri, lo investivano nei paesi periferici (quelli che una volta venivano chiamati PIIGS: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna).

Dallo scoppio della crisi, tuttavia, le pesanti politiche di austerità avvenute nelle suddette economie periferiche, che sono consistite in azioni volte a favorire la diminuzione dei consumi interni (quindi delle importazioni, e della domanda di capitali dall'estero), è emerso il problema, per i banchieri e gli industriali tedeschi, di investire il loro denaro a casa propria con inferiori margini di guadagno.

Quindi, oggi, in Germania abbiamo finanziamenti e mutui concessi al pubblico a tassi vicini allo zero o, addirittura, negativi.


Questo, tra l'altro, sta facendo aumentare il prezzo degli immobili aumentando il rischio di alimentare la solita bolla speculativa.

Come rimediare? Il governatore Draghi potrebbe accontentare la Signora Merkel e aumentare i tassi. Questo, però, sfavorirebbe ancora di più le economie periferiche, e le loro banche, che hanno bisogno di denaro a prezzi convenienti poter coprire le loro perdite, causate dall'austerità, e investire nuove risorse nei contesti dei paesi periferici, dove le famiglie e le imprese non si possono permettere tassi più elevati.

Mario Draghi sarà, forse, indipendente dai poteri politici ma di sicuro non può far niente per mettere tutti d'accordo. Il suo tasso d'interesse è come un vestito a taglia unica, troppo largo per i magri ma anche troppo stretto per i più robusti.

La possibile soluzione del rebus compete alla Signora Merkel ma, indipendentemente dalla sua volontà, non è detto che abbia la forza politica per attuarla. Potrebbe, infatti, favorire l'aumento degli stipendi dei lavoratori tedeschi. In questo modo, parte di quegli aumenti verrebbe consumato in prodotti d'importazione dai paesi periferici. Questo aiuterebbe il riequilibrio macroeconomico dell'eurozona, ma ridurrebbe i margini di guadagno degli imprenditori tedeschi e, inevitabilmente, comporterebbe un aumento di quella disoccupazione che, fino ad ora, la Germania ha potuto esportare nel resto d'Europa, tramite una moneta ampiamente sottovalutata per la sua economia.

Insomma, dopo quasi dieci anni di crisi, i problemi causati dalla moneta unica sono ben lontani dall'essere risolti e, piaccia o no, aumentano le possibilità che questo sistema monetario possa disgregarsi alla prossima crisi.

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