lunedì 19 ottobre 2015

Cosa sapete veramente sull'ISIS?

Parlando dell'ISIS con degli amici, dopo aver ascoltato quello che loro mi dicevano sulla necessità, da parte dell'Italia, di andare a bombardare l'Iraq per proteggere il nostro paese dal terrorismo islamico ho sentito la necessità di condividere con voi alcune informazioni sull'argomento che ho raccolto nell'ultimo anno. Com'è mia consuetudine fare, ogni notizia verrà riportata insieme alla sua fonte, consultabile facendo copia incolla dei collegamenti che troverete alla fine del post. In questo modo potrete giudicare voi stessi l'attendibilità di quanto vi racconterò.


1. L'ISIS e le origini del conflitto in Siria

L'ex ministro degli esteri francese Roland Dumas sostiene che durante un incontro al quale avrebbe partecipato anni fa gli fu comunicato, da parte di alcuni responsabili inglesi, che stavano preparando l'invasione della Siria. In quell'occasione gli fu chiesto se la Francia avrebbe partecipato al conflitto (1).

Poi, c'è l'ex comandante supremo della NATO per l'Europa Wesley Clark che ha dichiarato, anche lui in televisione, che l'ISIS è stata creata degli alleati degli americani (2) in funzione anti Hezbollah.

Ma la testimonianza più importante è quella dell'ex segretario di stato americano Hillary Clinton che ha ammesso come l'ISIS sia, purtroppo, il risultato del tentativo di creare in Siria una forza che si opponesse al governo di Assad (3).


Alla luce di queste dichiarazioni, quello che io mi chiedo è se sia lecito essere convinti del fatto che, coloro i quali sono parte del problema per loro stessa ammissione, e mi riferisco in particolare alle dichiarazioni della Clinton, possano avere la necessaria credibilità per essere chiamati a contribuire efficacemente alla soluzione. Credo che converrete con me che questa sia una domanda piuttosto legittima.


2. Gli USA e i loro alleati chi stanno sostenendo in Siria?

E' ormai una notizia di dominio pubblico (almeno lo spero) che gli Stati Uniti e i loro alleati (tra i quali gli Stati del Golfo, la Turchia, il Regno Unito e la Francia) stanno sostenendo una guerra contro il governo siriano del presidente Assad. Quel feroce dittatore che tuttavia, fino a qualche anno fa (come qualcun altro prima di lui) era benvenuto in gran parte dei paesi occidentali. Basta gugolare le immagini di Assad con (elenco non esaustivo): Regina di Spagna, d'Inghilterra, Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, etc. etc.

Notizie sul fatto che alcuni governi sostengono, e addestrano, i ribelli in Siria non mancavano anche in tempi meno recenti, quando la cosa era considerata uno scoop. Per esempio, nel marzo 2013, il britannico Guardian riportava la notizia dell'addestramento di ribelli siriani in Giordania da parte di: USA, Regno Unito e Francia (4). Nello stesso periodo, anche l'agenzia di stampa Reuters comunicava la medesima notizia riprendendo il giornale tedesco Spiegel (5). Per chi non si fidasse, è di qualche giorno fa la notizia che il governo americano, nella persona del presidente della commissione difesa del senato americano John McCain (more on him later) si è lamentato del fatto che i bombardamenti russi fossero diretti contro i ribelli addestrati dalla CIA (6).

Insomma, gli USA sono impegnati in questa guerra insieme agli alleati. Tuttavia, qual è lo scopo, sconfiggere l'ISIS o il governo siriano? Il tema è piuttosto controverso, per usare un eufemismo. Ad esempio, tempo fa furono pubblicate delle foto che ritraevano proprio il senatore McCain insieme ai cosiddetti ribelli siriani. In queste immagini comparivano dei personaggi non proprio raccomandabili, tra i quali esponenti di Al-Qaeda in Siria (dove è chiamata Al-Nusra) e persino il presunto leader dell'ISIS Abu Backr al-Baghdadi (7). Va bene, direte voi,  questo è solo un imbarazzante e sfortunato incidente. Andiamo avanti.

In un intervista di aprile 2015, Assad affermò che gli Stati Uniti e i loro alleati supportano il terrorismo in Siria (8). Ma forse la dichiarazione più forte è di Putin che, in una conferenza stampa a margine di un incontro con David Cameron (imbarazzatissimo primo ministro britannico), affermò che gli alleati sostengono dei terroristi che uccidono i loro nemici e poi mangiano i loro organi (9 e 10).

Infine, secondo syrianfreepress.wordpress.com, il leader dell'ISIS al-Baghadi si chiamerebbe Simon Eliott e sarebbe, in realtà, un agente del Mossad (11).

Questi però sono i nemici, direte voi, e fanno propaganda. E' vero ma, d'altro canto, non è detto che la propaganda dei nostri governi sia sempre veritiera, no? In ogni caso, anche qualche amico accusa direttamente i paesi occidentali di aiutare i terroristi islamici. Ad esempio, secondo Voltaire.net, il parlamento iracheno avrebbe chiesto spiegazioni a Londra dopo aver abbattuto due aerei britannici che, secondo loro, trasportavano aiuti all'ISIS (12).

Ci sarebbe inoltre da riflettere sulla notizia secondo la quale il dipartimento di stato americano avrebbe finanziato una quarantina di camionette, di una nota marca giapponese, che sono in uso all'ISIS e che sono, tra l'altro, visibili in diversi filmati televisivi e immagini giornalistiche (13).

Senza contare il fatto che un rapporto di WND afferma di aver scoperto mille pagine di documenti ufficiali, da dove risulta che l'ex segretario di stato americano Hillary Clinton avrebbe avuto un ruolo importante nell'agevolare l'ascesa dell'ISIS (14). Cosa che, come vi ho già accennato, lei stessa ha già in parte ammesso.

Poi, tutto sommato, è un fatto che dopo più di un anno dall'inizio dei bombardamenti anti ISIS ad opera di USA e alleati (iniziati ad agosto 2014) non sembrano ancora essere stati ottenuti grandi risultati. Anzi, è proprio durante questo periodo che l'ISIS è riuscita a conquistare la città di Palmira e che i territori sotto il suo controllo si sarebbero estesi fino a metà della Siria (15). Ricordiamoci di tutto questo perché ora che Putin ha iniziato la sua campagna militare contro l'ISIS prendendo la palla al balzo, chissà che in futuro qualcuno non approfitti per raccontarci che il merito della vittoria è stato della cooperazione internazionale tra alleati e russi.

Ma c'è un'evidenza ancora più importante del fatto che alcuni governi occidentali siano dalla parte dell'ISIS. Sempre Voltaire.net ci mostra un documento ufficiale del Pentagono, datato agosto 2012 ma consultabile dal 18 maggio 2015 su richiesta del gruppo conservatore Judicial Watch. In questo rapporto c'è scritto che i paesi occidentali, gli stati del Golfo e la Turchia sostengono le forze di opposizione in Siria che sono: i salafiti, i fratelli mussulmani, e AQI ovvero Al-Qaeda Iraq (o Al-Nusra) che attraverso il portavoce dello Stato Islamico (l'ISIS) ha chiamato alle armi i sunniti iracheni contro il governo siriano. L'obiettivo, sostenuto dagli alleati, è quello di creare un principato salafita (lo stato islamico) che possa isolare il regime siriano (16).




Non so voi ma io qualche dubbio su questa storia dell'ISIS inizio ad averlo.


3. Conclusioni

La storia che le notizie sopra riportate ci raccontano, non è molto diversa da quella già vista in Afghanistan, in Iraq, o più recentemente in Libia. C'è sempre qualche banda armata, sostenuta da paesi stranieri, che prova a sostituirsi al governo in carica. Non importa come si chiamino: Talebani, Alleanza del Nord, Al Qaida, ISIS... sono sempre dei cavalli di Troia per poter instaurare un regime amico in una località nella quale si coltiva qualche interesse politico, militare e/o economico. Solo che non è consuetudine dire la verità ai propri elettori. Bisogna inventarsi qualche cosa come un'emergenza terroristica che giustifichi guerra preventiva, un intervento umanitario, oppure di peace keeping, etc. etc.

Lungi da me l'idea di pensare di aver capito tutto su quello che succede in Siria e nel mondo. Io provo solo a informarmi da fonti alternative a quelle tradizionali (giornali e TV). E chissà perché, quando lo faccio, giungo sempre alla conclusione che c'è qualcosa di più che i media main stream non dicono.

Se anche tu che al mattino sfogli il tuo quotidiano preferito e alla sera guardi il telegiornale, leggendo questo post hai scoperto cose nuove che non sapevi, allora il mio suggerimento è quello di cambiare fornitore di notizie.

PS: ma voi lo sapevate che i video e le dichiarazioni dei membri dell'ISIS sono dei contenuti che le televisioni acquistano da una società fondata da una signora che collabora con il governo americano (17)?


Fonti:
(1) https://www.youtube.com/watch?v=Kz-s2AAh06I
(2) https://www.youtube.com/watch?v=QHLqaSZPe98
(3) http://www.theatlantic.com/international/archive/2014/08/hillary-clinton-failure-to-help-syrian-rebels-led-to-the-rise-of-isis/375832/
(4) http://www.theguardian.com/world/2013/mar/08/west-training-syrian-rebels-jordan
(5) http://www.reuters.com/article/2013/03/10/us-syria-crisis-rebels-usa-idUSBRE9290FI20130310
(6) http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2015-10-01/raid-russi-siria-usa-accusano-mosca-colpiti-ribelli-addestrati-cia-cremlino-non-solo-isis-gli-obiettivi---212058.shtml?uuid=ACSaOb8
(7) http://www.voltairenet.org/article185102.html
(8) http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=82&pg=11123
(9) https://www.youtube.com/watch?v=yUtLYAZkZpg
(10) https://www.youtube.com/watch?v=1d-XzwMUg-4
(11) https://syrianfreepress.wordpress.com/2014/08/27/isis-mossad-aanirfanblogspot-report/
(12) http://www.voltairenet.org/article186940.html
(13) https://www.rt.com/usa/317886-toyota-isis-trucks-treasury/
(14) http://vocidallestero.it/2015/05/30/hillary-clinton-aiuto-lascesa-dellisis/
(15) http://www.voltairenet.org/article187713.html
(16) http://www.voltairenet.org/article187723.html
(17) http://www.luogocomune.net/site/modules/news/article.php?storyid=4650



lunedì 12 ottobre 2015

Un grafico che spiega il declino della produttività in Italia

Chi di voi ha sentito dire che il problema dell'Italia è la produttività? Avevo già scritto un post su questo argomento (qui) ma ho pensato che valesse la pena di aggiungere qualcosa.

Di seguito troverete un grafico con i dati storici della produttività del lavoro dal 1981 al 2007 (dati OCSE).


La produttività del lavoro è il rapporto tra fatturato delle imprese e il costo del lavoro (o il numero delle ore lavorate). Chi desiderasse una spiegazione più tecnica dei dati la troverà direttamente alla fonte (qui).

Osservate come l'andamento in ascesa del grafico subisce un brusco stop a partire dagli anni novanta. Precisamente, dal 1995 in avanti la tendenza è quella di una produttività stagnante o in discesa. Come si spiega?

Vi rimando, per una spiegazione più esaudiente, a un post del 2013 dell'economista Alberto Bagnai: "Declino, produttività, flessibilità, euro: il mio primo maggio" che gli amanti dell'economia potranno trovare anche in versione scientifica, pubblicato sulla rivista International Review of Applied Economics "Italy's decline and the balance-of-payment costraint: a multicountry analysis". 

Sintetizzando al massimo la questione, sono state date tre possibili spiegazioni di questo fenomeno:

1. il cosiddetto nanismo delle imprese italiane, che sarebbero troppo piccole per avere un'efficienza ottimale.

2. la poca propensione alla ricerca e sviluppo che ne rallenterebbe la produttività.

3. la flessibilità, che avrebbe causato la svalutazione del costo del lavoro e scoraggiato la capacità innovativa delle aziende, favorendo le attività a maggior utilizzo di lavoro rispetto a quelle dove è necessario il capitale.

I primi due punti sono le critiche che vengono fuori più facilmente nei dibattiti main stream ma, trattandosi di caratteristiche storiche delle imprese italiane, non sono adatte per spiegare la brusca inversione di tendenza avvenuta solo a partire dal 1995.

Il terzo punto è frutto di almeno un paio di studi scientifici (qui e qui), uno dei quali dell'economista italiano Francesco Daveri. Tuttavia, il declino della produttività (1995) sembrerebbe anticipare di qualche anno la prima riforma del mercato del lavoro (1997).  

Il Prof. Bagnai suggerisce un'altra spiegazione, illustrata nel grafico che segue.


Come potete vedere, la linea rossa del cambio sembra essere correlata con quella verde della produttività per tutto il periodo preso in esame. In particolare, quello che interessa a noi, è che la rivalutazione del 1995 (la linea rossa che scende) porta con se un appiattimento di quella verde. Successivamente, il cambio viene fissato (linea rossa piatta) e la produttività prima si arresta e poi, a seguito della crisi, crolla. Tornando indietro fino al periodo dello SME credibile (1987-1992) che aveva fissato i cambi delle monete europee entro una banda d'oscillazione ridotta (lo vediamo dal cambio piuttosto stabile evidenziato in quel periodo dalla linea rossa) osserviamo lo stesso fenomeno, ovvero l'appiattimento della linea verde che misura la produttività.

Pertanto, il declino della produttività sarebbe solo un altro effetto negativo del cambio fisso, e quindi dell'euro.







lunedì 5 ottobre 2015

Le vere ragioni della crescita del PIL (secondo il governo)

Quando le interferenze disturbano il segnale è necessario risintonizzare il canale.

Sul Documento di Economia e Finanza (DEF) presentato dal governo cioè dal Ministero dell'Economia e delle Finanze (il MEF per gli amici) ad aprile 2015, vi si legge a pagina 4 che per il 2015 è prevista una crescita pari allo 0,7% (poi aggiornata allo 0,9%).

Facendo lo sforzo ammirevole (perché il DEF è davvero noioso) di arrivare fino a pagina 16 verremo ricompensati dalla lettura di un'interessante tabella in cui si afferma, in sostanza, che di quella crescita dello 0,7% (o 0,9%) le variabili esogene, ovvero quelle non imputabili alle scelte di politica economica del governo, contano lo 0,6%.

In pratica, il governo afferma che la crescita del 2015 dipenderà quasi totalmente dalle favorevoli condizioni di mercato internazionali. Soprattutto, la svalutazione dell'euro e il basso prezzo del petrolio. Tutto questo con buona pace: degli interventi in televisione, degli articoli sui giornali, dei tweet e di tutti gli accidenti che si inventano ogni giorno per confondere le acque. Attenzione a non perdere il segnale.


Ma le riforme? Il Jobs Act? Alla meglio, sono comprese in quello 0,1% che non deriva dalle variabili esogene. 

Attenzione, dire che fino ad ora le riforme non hanno avuto alcun impatto rilevante sull'economia, non significa escludere che possano averlo in futuro. Tuttavia, anche questo scenario, auspicabile per il governo, va ben interpretato. Perché il Jobs Act funzionerebbe solo nel momento in cui agevolasse l'abbassamento degli stipendi.

Già perché loro sperano che la maggior flessibilità del lavoratore (che potrà essere licenziato più facilmente) determini minori pretese e quindi un costo più basso, che avrebbe come effetto un minor prezzo di vendita del prodotto e  una maggiore competitività, che a sua volta servirebbe a dare un impulso alle esportazioni. 

Bene, direte voi, ma se aumentano le esportazioni ci guadagniamo tutti. No, perché se il maggior guadagno venisse ridistribuito fra tutti i partecipanti al processo produttivo (cioè a noi) aumenterebbero di nuovo gli stipendi e si tornerebbe punto e a capo. Ed è per questo motivo che il governo punta solo sulle riforme dal lato dell'offerta, quelle che non aiutano la domanda interna, per rilanciare la crescita.

Stay tuned.


lunedì 28 settembre 2015

Il debito pubblico non c'entra, parola del Prof. Giavazzi

Francesco Giavazzi è un economista italiano conosciuto al grande pubblico anche grazie ai suoi articoli sul Corriere della Sera. E' di orientamento liberista, insegna politica economica all'Università Bocconi di Milano e al MIT di Boston, ha collaborato con diversi governi tra i quali quello di Mario Monti nel 2012. 

Alcune sue dichiarazioni del passato fanno intendere che abbia lievemente sottovalutato la portata della crisi.

4 agosto 2007
<<La crisi del mercato ipotecario americano è seria, da qualche settimana ha colpito anche le borse, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata>>

16 settembre 2008
<<l'economia del mondo è nelle mani di persone responsabili che non decidono guidati dall'ideologia (come pure qualcuno ieri, a Washington, suggeriva), ma dal buon senso>>

Inoltre, il Prof. Giavazzi, insieme ad Alberto Alesina, è famoso per aver enunciato la cosiddetta teoria dell'austerità espansiva, secondo la quale i tagli alla spesa pubblica farebbero crescere l'economia.

22 gennaio 2013
<<Si sta diffondendo una sciocchezza, cioè un'opinione che non ha riscontri nell'evidenza empirica. Il rigore dei conti sarebbe la ragione per cui la recessione si prolunga e la disoccupazione non scende>>

Ho già mostrato (qui) come l'opinione del Prof. Alesina relativamente all'euro sia evoluta nel corso del tempo. Per quanto riguarda invece il Prof. Giavazzi, il dietrofront riguarda le origini della crisi. In un suo articolo uscito recentemente, corredato da uno studio scientifico riguardante le opinioni sulla crisi di 20 economisti di fama mondiale (qui), egli afferma che non si trattò di un problema di conti pubblici fuori controllo.

7 settembre 2015
<<It was a sudden stop, not a public debt crisis>>

Pertanto, l'austerità imposta, ad esempio, al governo greco non è stata solo inutile ma persino dannosa.

<<In response, Greece slashed spending and raises taxes. But this backfired; it set off an austerity cycle>>

Naturalmente, voi tutto questo lo sapevate già. Perché la confessione di Giavazzi è tardiva. Aveva già detto tutto il vice presidente della BCE due anni fa ad Atene (qui).

Personalmente, cerco di avere il massimo rispetto per le opinioni di chiunque ritengo in buona fede. E non conosco il motivo per cui il Prof. Giavazzi, rispetto ad altri, abbia impiegato così tanto tempo a maturare questa sua nuova convinzione. Ma purtroppo, mentre il tempo trascorreva e l'austerità faceva il suo corso, in Spagna aumentavano i suicidi (qui), in Italia raddoppiavano (qui), e in Grecia si contano addirittura 10.000 morti dall'inizio della crisi (qui).

Queste vittime meritano almeno lo stesso rispetto concesso ai ragionamenti fallaci di qualche economista, e ai loro ripensamenti. Quindi, secondo me, non dovremmo mai dimenticarci dei traguardi raggiunti in diversi campi dalla scienza moderna.
L'acqua bagna e la disoccupazione uccide.



lunedì 21 settembre 2015

Avete visto questi documentari?

Oggi voglio segnalarvi alcuni documentari che ho visto (o rivisto) recentemente e che mi sono piaciuti.

Il primo è di Christophe de Ponfilly, un documentarista francese morto nel 2006 a soli 55 anni, e si intitola Massoud l'Afghan. Lo potete vedere in versione originale in francese (qui) o in italiano, anche se in versione spezzettata, (qui). Il tema è l'Afganistan di fine anni novanta, e la lotta del comandante Massoud (il leone del Panshir) contro i talebani sostenuti dai governi di: Pakistan, Arabia Saudita e Stati Uniti. Sì, avete letto bene, anche gli USA aiutavano i talebani prima dell'undici settembre secondo de Ponfilly. Troverete ampia letteratura a riguardo. Comunque, il punto chiave della vicenda è il gasdotto che avrebbe dovuto attraversare l'Afganistan, la cui utilità è stata illustrata a Washington dal vice presidente della Unocal John Maresca nel 1998 (qui), e per cui il governo americano ha trattato fino all'ultimo con i talebani.
Massoud è stato ucciso, in circostanze non chiare, pochi giorni prima dell'undici settembre 2001. Si parla di un attentato da parte di una finta troupe televisiva marocchina. Tra l'altro, nel film si vede un'intervista rilasciata, in circostanze probabilmente simili a quelle della sua morte, ma a una televisione russa.

Il secondo documentario è The Fog of War: la guerra secondo Robert McNamara (qui) in versione originale e (qui) sempre in inglese ma con i sottotitoli in spagnolo. Io l'ho visto con i sottotitoli in francese ma ora non trovo il link. Robert S. McNamara (la "S" sta per Strange, incredibile ma vero) è stato segretario di stato americano negli anni sessanta, sotto la presidenza Kennedy e Johnson. Questo documentario intervista è il suo testamento politico, e contiene undici interessanti lezioni che McNamara ha appreso durante la sua vita. Non mancano le indiscrezioni curiose, come il fatto che l'evento che avrebbe scatenato la guerra in Vietnam, noto come l'incidente del golfo del Tonchino, in realtà non è mai accaduto.

Il terzo film è un documentario della BBC del 1989 Sacrifice at Pearl Harbour. La storia raccontata tramite le testimonianze di militari dell'epoca, è quella secondo cui il presidente Roosevelt era a conoscenza dell'imminenza dell'attacco dei Giapponesi a Pearl Harbour, ma non avrebbe fatto niente perché contava sul fatto che quella tragedia avrebbe convinto il parlamento americano ad entrare in guerra contro le potenze dell'Asse. Vero o falso? Giudicate voi (qui).

Infine, ma non per ultimo, vi suggerisco di guardare Citizenfour di Laura Poitras, una documentarista americana che vive a Berlino. Il film è l'ultimo di una trilogia sull'America post undici settembre. Il protagonista è l'ex agente dell'NSA Edward Snowden. La Poitras e il giornalista del Guardian Glenn Greenwald sono le persone che hanno raggiunto Snowden in una camera di albergo a Hong Kong, e che lo hanno reso famoso in questa famosa intervista (qui). Il film è la testimonianza video di quei giorni del 2013 in cui scoppiò lo scandalo noto come datagate. Purtroppo il documentario non è più disponibile on line. Vale comunque la pena di comprarlo e/o di leggere il libro di Greenwald No Place To Hide.

Buona visione!







lunedì 14 settembre 2015

La crisi explicada a mis amigos Españoles

Existe una historia un poco diferente de la crisis, respecto a la que cuentan las televisiones y los periódicos. Os podéis dar cuenta simplemente leyendo este informe del Banco Central Europeo, escrito por su vice presidente, el portugués Vitor Constâncio, en el 2013. 

Según el BCE la culpa de la crisis es del euro. No, no me he vuelto loco, simplemente solo estoy leyendo "The European Crisis and the role of the financial system". Vamos a ver lo que escribe Constancio.


Fijaos: Constâncio escribe que el viejo cuento de la crisis, progresivamente corregido por los académicos, pero todavía muy popular entre la opinión pública, dice más o menos que no había nada de equivocado en el euro y que la crisis ocurría porque los países PIIGS (Portugal, Irlanda, Italia, Grecia y España) no respetaron las reglas de Maastricht. Aunque ese (el popular cuento de los medios de comunicación) tiene una coherencia interna, no es correcto, especialmente en lo que respecta a las principales causas de la crisis.

Y además...



La introducción del euro ha causado una mayor actividad bancaria intra-europea. La exposición de los bancos de los países "virtuosos" hacia los de los PIIGS se ha más que quintuplicado desde la introducción del euro y el comienzo de la crisis.  


Antes del euro, la moneda del país que se hubiese endeudado demasiado se habría devaluado haciendo menos rentable la inversión del exterior. Prácticamente, lo que pasó es que, eliminando el riesgo de cambio entre las diferentes monedas, los capitales han empezado a ir donde la tasa de interés era más elevada, o sea, a los países que tenían una inflación más alta que, como son menos ricos, necesitan más dinero.  

Lástima que se le han "olvidado" de decírnoslo antes. ¿No? Porque hay un montón de articulos cientificos de importantes Nobel en economía, desde los años cincuenta del siglo XX que, advertían de lo que hubiera pasado con una unión monetaria europea. Si no se lo creen, miren, per ejemplo: aqui, aqui, aqui.

No sé si usted sabe lo que está pasando en España. En Italia nos cuentan una historia de ciencia-ficción: del milagro español. Dice que, como es España hicieron las reformas, ahora la economía va bien.  

Bueno, es verdad que el PIB de España crece desde hace un año. 


Aunque el desempleo es aún muy alto. 


En Italia es el 12% (más o menos la mitad) y ya es demasiado para nosotros. 

¿Y cómo puede ser que la economía española crezca aunque el desempleo se mantenga tan alto? ¡Es que el consumo está financiado por el gasto publico! Amigos, lo que pasó es que la deuda privada que ha financiado la economía española hasta la crisis financiera, se ha vuelto publica, pagada por todos los ciudadanos.  


De esta situación quien tiene la culpa? La mayoría del los ciudadanos solo se han endeudado para comprar su casa (la burbuja inmobiliaria), o el coche nuevo, aprovechando los bajos tipos de interés, sin tener ni la mínima idea de lo que estaba pasando, y de sus consecuencias negativas. ¿Si hubieran sabido que, pronto, estarían sin trabajo, no se habrían endeudado, no? 

Por eso, según Constâncio la culpa es de los bancos que no han calculado el riesgo de crédito y dejaron inflar la burbuja especulativa. Hombre, claro, en el corto plazo así ganaban mucho más, y en el largo plazo...son demasiado grandes para quebrar.  



lunedì 7 settembre 2015

Il commercio bilaterale tra Italia e Germania

Secondo gli ultimi dati ISTAT, aggiornati a dicembre 2014, i maggiori partner commerciali del nostro paese sono i seguenti:
Fonte ISTAT (qui)
Pertanto, tenendo conto sia delle esportazioni che delle importazioni, la Germania è il paese con il quale l'Italia commercia di più.

Fonte dati ISTAT (qui)
I settori indicati sono quelli dei codici ATECO
Fonte dati ISTAT (qui)
I settori indicati sono quelli dei codici ATECO
Come potete osservare dai grafici qui sopra Italia e Germania hanno un commercio bilaterale che è in concorrenza, almeno per quanto riguarda i settori più rilevanti. Un importante esempio è il settore automobilistico, compreso nel codice ATECO 87. Noi acquistiamo auto tedesche e a loro vendiamo quelle italiane.

Questo è l'andamento della bilancia commerciale italiana (esportazioni meno importazioni) con la Germania dal 1991 al 2014:


Alcuni di voi noteranno che l'andamento del grafico qui sopra è molto simile a quello delle partite correnti utilizzato più volte per mostrare gli effetti dell'euro, e riportato qui sotto:


ed è spiegato, in larga misura, dall'andamento del cambio reale fra i due paesi (non voglio asserire che sia l'unico effetto ma di certo è il più evidente).

1992 - 1996: la lira esce dallo SME (il sistema che regolava i cambi fra le monete europee prima dell'euro) e si svaluta. Il risultato è che la nostra bilancia commerciale verso la Germania va in surplus

1997 - 2011: durante gli anni dell'euro l'Italia perde competitività a causa di un tasso d'inflazione più alto di quello della Germania (vedi figura qui sotto). Credo sia chiaro a tutti che se hai un'inflazione maggiore, alla lunga, i tuoi prezzi saranno più alti del tuo concorrente, e per questo venderai di meno

La figura qui sopra mostra come nel 2013 il differenziale d'inflazione accumulato fra Italia e Germania negli anni del cambio fisso fosse di circa il 15%

Negli anni tra il 2008 e il 2011 la crisi scoppiata in USA, e propagatasi in tutto il mondo, ha l'effetto di far diminuire le nostre importazioni. Si tratta però solo del primo aggiustamento di reddito. Quello definitivo, operato dal governo, inizia tra il 2011 e il 2012.

2012 - 2013: le politiche di austerità del governo: aumento della pressione fiscale, riforme (su tutte quella delle pensioni) e rispetto del parametro del 3% deficit/PIL, provocano l'effetto desiderato dal governo Monti. Ovvero: la diminuzione del reddito, dei consumi, e quindi delle importazioni, per riequilibrare il nostro saldo delle partite correnti, e anche la bilancia nostra commerciale con il nostro più importante partner commerciale.