lunedì 14 dicembre 2015

L'austerità e il terrorismo portarono Hitler al potere (speriamo che la storia non si ripeta) 2 di 2

Nel post precedente (che vi raccomando di leggere qui) ho brevemente descritto le condizioni economiche in cui si trovava la Germania al tempo in cui Hitler arrivò al potere, identificando nelle politiche di austerità, e nella conseguente disoccupazione, la causa principale della sua ascesa. Di seguito vorrei descrivervi i motivi per cui quel periodo del passato presenta diverse, inquietanti, analogie con il nostro presente.

Infatti, Maastricht e l'euro sono oggi quello che il trattato di Versailles rappresentò per la Germania negli anni tra tra le due guerre mondiali. Come quest'ultima che, per ripagare le riparazioni di guerra e bloccare l'iperinflazione del 1922-23, ebbe bisogno dei dollari provenienti dagli USA, anche le economie dei paesi europei più in crisi hanno basato la loro crescita degli anni duemila (nel caso dell'Italia piuttosto modesta) sui capitali esteri. In questo caso si è trattato degli euro provenienti dalle banche dell'Europa del nord (Germania e Francia in testa). Chi di voi legge dalla sua nascita questo blog si ricorderà, senza dubbio, il grafico che mostra l'impennata del debito privato in Italia, e anche la figura successiva, preparata dal vice presidente della Banca Centrale Europea, dove viene illustrata la crescita dell'esposizione delle banche dei paesi più duramente colpiti dalla crisi, verso gli istituti finanziari delle nazioni europee creditrici, avvenuta a partire dalla nascita dell'eurozona.


Come la grande depressione bloccò l'afflusso di dollari americani verso la Germania, così le conseguenze della grande recessione americana del 2007 hanno provocato la fine degli investimenti intraeuropei che avevano reso possibile, nelle nazioni dell'Europa periferica, dei tassi d'interesse paragonabili a quelli delle più avanzate economie del centro e del nord. Il sudden stop (così viene chiamato dagli economisti) è il punto preciso del grafico precedente in cui la crescita del debito privato in Italia si arresta. E' da allora che ci sentiamo dire che sono finiti i soldi. La stessa cosa è avvenuta anche negli altri paesi più duramente colpiti dalla crisi (come, ad esempio, la Grecia e la Spagna).

Il governo di Mario Monti, e quelli delle altre nazioni europee colpite dalla crisi, hanno perseguito le stesse politiche di austerità che furono utilizzate anche da Brüning, in Germania, tra il 1930 e il 1932, causando peraltro la stessa brusca caduta del PIL e una drammatica disoccupazione.


C'è tuttavia una differenza tra i due periodi. In Germania, quell'epoca si concluse con l'avvento del nazismo e la fine della democrazia, mentre oggi la situazione europea sembra assai differente dal punto di vista politico. Tuttavia, forse, oggi il pericolo maggiore per la democrazia non arriva dalle forze politiche che avanzano (i cosiddetti partiti populisti) ma dai governi stessi.

Il punto di svolta per il partito nazista fu il rogo del parlamento di Berlino, il 27 febbraio del 1933, per cui i nazisti accusarono i comunisti (non esistevano ancora Bin Laden o l'Isis). A quell'attentato terroristico Hitler reagì con un decreto d'urgenza "per la protezione del popolo e dello stato" che di fatto sospendeva la costituzione e soppresse la democrazia.

Oggi, la corsa verso il totalitarismo non appare altrettanto rapida come quella che portò i nazisti al potere in Germania. Tuttavia, non può passare inosservato il fatto che: attentato dopo attentato, crisi dopo crisi, emergenza dopo emergenza, si moltiplicano in tutta Europa le leggi che limitano i diritti dei lavoratori (in nome della produttività), diminuiscono il potere dell'opposizione in parlamento (in nome della governabilità), mettono sotto controllo internet e gli altri sistemi di comunicazione (in nome della sicurezza).

Concludo con le dichiarazioni di un gerarca nazista, Hermann Goering, che sarebbe meglio tenere sempre a mente:

«È ovvio che la gente non vuole la guerra. Perché mai un povero contadino dovrebbe voler rischiare la pelle in guerra, quando il vantaggio maggiore che può trarne è quello di tornare a casa tutto intero? Certo, la gente comune non vuole la guerra: né in Russia, né in Inghilterra e neanche in Germania. È scontato. Ma, dopo tutto, sono i capi che decidono la politica dei vari Stati e, sia che si tratti di democrazie, di dittature fasciste, di parlamenti o di dittature comuniste, è sempre facile trascinarsi dietro il popolo. Che abbia voce o no, il popolo può essere sempre assoggettato al volere dei potenti. È facile. Basta dirgli che sta per essere attaccato e accusare i pacifisti di essere privi di spirito patriottico e di voler esporre il proprio paese al pericolo. Funziona sempre, in qualsiasi paese.»






















 


2 commenti:

  1. Grazie per l'ennesima e chiara spiegazione. Colgo l'occasione per augurarle un buon 2016. Luigi

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