lunedì 28 dicembre 2015

Le parole inglesi che impareremo nel 2016: Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD), bail-in, bank run, European Stability Mechanism (ESM)

Nel 2008, ve ne ricorderete, scoppiò una crisi finanziaria mondiale che provocò il fallimento di numerose banche. Il tutto ebbe inizio in America, a causa dell'esplosione della bolla finanziaria dei mutui sub-prime. La crisi si propagò nel resto del mondo, e quindi anche in Europa, come nel gioco del domino, mettendo in crisi tutte quelle banche che erano in qualche modo connesse agli istituti finanziari USA che non furono più in condizione di onorare i propri debiti.

Come mostra di seguito l'ABI (Associazione Bancaria Italiana) molti paesi europei ricorsero agli aiuti di stato per impedire alle loro istituzioni finanziarie di fallire. In Italia, tuttavia, questo non è successo se non in maniera molto marginale. Il totale della spesa pubblica utilizzata per il sostegno delle istituzioni finanziarie private tra il 2008 e il 2013 è stato di, appena, 8 miliardi di euro. Poca cosa, se comparato con: i 144 miliardi della Germania; i 141 miliardi del Regno Unito; o i 26 miliardi spesi dallo stato francese.

Fonte: ABI (Situazione del settore bancario italiano 9 dicembre 2015 pagina 18)

Oltre al sacrificio dei contribuenti nazionali, in Spagna, Irlanda e Grecia, sono state coinvolte anche le istituzioni dell'Unione Europea. Come osservato dal Sole24Ore nella figura seguente, che mostra il caso della Grecia, gli italiani hanno pagato un pesante contributo alla risoluzione del problema. Si osservi che, nonostante le nostre banche non avessero delle esposizioni rilevanti verso quelle elleniche (solo € 6,82 miliardi nel 2009) noi abbiamo, generosamente, contribuito con una bella fetta delle risorse necessarie al loro salvataggio (barra di colore arancione: Italia € 40,87 miliardi). Al contrario, a dicembre 2009 le banche francesi e quelle tedesche, proprio quelle che erano già state ampiamente foraggiate dai rispettivi governi, avevano una forte esposizione verso gli istituti finanziari di Atene (barre di colore blu: Francia € 78,82 miliardi, Germania € 45 miliardi). A settembre del 2014, però, gran parte di quei crediti erano stati saldati tramite gli euro versati dai contribuenti europei mediante cosiddetto fondo salva stati che, visto com'è andata a finire, sarebbe stato meglio nominare fondo salva banche francesi e tedesche. Infatti, di quelle somme lo stato greco non ha visto nemmeno l'ombra.

Fonte: Info Data Blog Sole24ore

Oggi, in Italia, dopo 5 anni di politiche d'austerità che hanno aggravato la crisi, fatto peggiorare il debito pubblico ed esplodere la disoccupazione (il tutto nel tentativo di mettere a posto i nostri conti con l'estero) le banche del Bel Paese hanno accumulato delle ingenti sofferenze bancarie, sia verso coloro i quali, perdendo il proprio impiego, non sono stati più in grado di pagare le rate del finanziamento contratto (o del mutuo), sia verso quelle imprese che, a causa del crollo del fatturato (dovuto alla diminuzione dei consumi interni), quando non hanno chiuso, si sono indebitate sempre di più. Una semplice occhiata alle seguenti figure vi darà la misura della questione.


Si noti come il problema, scoppiato a causa della crisi nel 2008, abbia continuato ad aggravarsi negli anni successivi a causa del cosiddetto sudden stop, cioè quello che gli economisti chiamano il blocco degli investimenti da parte delle banche creditrici del sistema dell'Eurozona (quelle del nord Europa) verso quelle debitrici (del sud). La dinamica, per chi la volesse approfondire, è stata chiarita dal vice presidente della BCE nel suo noto discorso di maggio 2013 ad Atene (di cui mi sono occupato, per la prima volta, qui).

Apro una parentesi sul decreto "Salva Banche" con il quale il governo ha regolamentato l'annosa questione della Banca Popolare d'Etruria e delle altre istituzioni finanziarie entrate recentemente in crisi. Indipendentemente dal fatto che, nei casi in questione, la Commissione Europea ci abbia, o meno, impedito di utilizzare fondi pubblici per il risanamento di quegli istituti (il caso è materia di discussione e non voglio perderci tempo) è chiaro che l'approccio voluto dall'Europa a partire dal primo gennaio 2016 sarà quello previsto dalla procedura definita come Bank Recovery and Resolution Directive (BRRD).

La questione veramente importante per il Paese non è tanto la mala gestio, o persino la rilevanza penale del comportamento di alcuni soggetti implicati nel dissesto di alcune piccole banche locali (il nome più altisonante è il padre del ministro Boschi) ma il fatto che, se la crisi si dovesse estendere ad altri istituti, a noi italiani non verrà concesso, a differenza di quanto avvenuto per altri, di salvare dal fallimento, mediante l'utilizzo di fondi pubblici, le banche che si dovessero trovare in difficoltà.  Il BRRD prevede che il risanamento avvenga tramite il cosiddetto bail-in, ovvero abbattendo il capitale (e quindi le azioni dei soci), non pagando gli obbligazionisti, e prelevando le risorse necessarie direttamente dai clienti, fatta eccezione per il fondo di garanzia europeo sui conti correnti sotto i centomila euro (che però, attualmente, è una garanzia solo al livello teorico).

Se poi il BRRD dovesse causare una perdita di fiducia nel sistema creditizio da parte dei risparmiatori, tale da provocare una corsa agli sportelli (bank run, in inglese) allora il nostro governo si vedrà costretto a chiedere l'intervento del Meccanismo di Stabilità Europeo (European Stability Mechanism o ESM) che prevede la gentile concessione, dietro il pagamento di un congruo interesse, di prestiti vincolati ad un programma di riforme politiche che è esattamente quello che è successo in Grecia o in Spagna, dove le banche sono state salvate e il tasso di disoccupazione è il doppio del nostro.

Presto, il governo italiano potrebbe essere costretto a decidere se applicare le regole europee, e quindi risanare i bilanci delle banche con i nostri soldi e/o con quelli chiesi a prestito dall'Europa, oppure rigettare i trattati BRRD e ESM e, che vi piaccia o no, ricapitalizzare il sistema finanziario in lire.

4 commenti:

  1. Che dire, uno dei migliori blog sul web. Spero di rileggerti presto, avercene come te.

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