Oggi sull'autobus ascoltavo una signora mentre parlava con un amico. Sosteneva, a proposito del referendum del prossimo 4 dicembre, che alcuni sono contrari proprio a tutto e che sanno dire solo no. Credo che abbia ragione. Comunque, spero che tali soggetti siano di più di quelli che, al contrario, pensano che sia sempre meglio dire di sì. Non facciamoci illusioni, tante persone votano per partito preso e non sentono il bisogno di approfondire gli argomenti. Del resto, neppure io che provo ad informarmi posso sostenere di possedere la piena consapevolezza riguardo alla mia scelta. Con lo studio e la corretta informazione si può però arrivare, quantomeno, ad esprimere in modo articolato le proprie idee.
Le riforme che la popolazione italiana ha subito in questi anni sono dettate dall'Europa. Credo che sia chiaro a molti. Per quanto riguarda la riforma costituzionale è il governo stesso, nel documento di presentazione del disegno di legge alle camere, a dichiarare che la riforma serve ad <<adeguare l'ordinamento interno alla recente evoluzione della governance economica europea>>.
La volontà del governo sembra richiamare un documento della società di consulenza JP Morgan del 2013, e cioè il fatto che la nostra costituzione, così com'è, non è adatta ad un'ulteriore integrazione europea.
L'articolo70 della costituzione, così come modificato dalla riforma, dispone che una delle funzioni delle camere sia l'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione Europea.
Secondo l'opinione dell'economista Massimo d'Antoni (su suggerimento del costituzionalista Luciano Barra Caracciolo) il rischio è che i famosi "compiti a casa" che ci invia periodicamente Bruxelles diventino un obbligo costituzionale, e non la semplice conseguenza dell'appartenenza dell'Italia a un trattato internazionale eventualmente rinegoziabile, o addirittura ripudiabile.
Tra l'altro, si da il caso che le letterine che riceviamo dall'Europa siano spesso già in contrasto con la prima parte della costituzione stessa (che, per altro, non è mai stata modificata). Ovvero contro il principio secondo cui l'Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro (do you remember?) che applicato all'economia significa che il governo si dovrebbe impegnare a varare delle politiche volte alla piena occupazione, invece che all'austerità e alla protezione della moneta unica. E per chi non lo sapesse, le due cose (piena occupazione e difesa dell'euro) sono in contrasto fra loro.
Per ironia della sorte, quindi, quelli che credono che #bastaunsì per cambiare rischiano di dare il loro avallo a una riforma che, invece è perfettamente in linea con le più disastrose scelte politiche degli ultimi anni.
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