lunedì 27 giugno 2016

Il "più Europa" è il nuovo "che mangino le brioches"

Ma gli europeisti (che sono solo una parte degli europei, ricordatevelo!) si rendono conto, oppure no, di essere un pochino snob e aristocratici? Temo che la risposta sia affermativa. Ne sono anche un po' orgogliosi. Forse perché ambiscono ad appartenere ad un élite che tuttavia è così esclusiva che lascerà fuori dalla porta molti dei suoi adepti, al momento giusto. Non voglio generalizzare, non credo che siano tutti così, ma dai commenti di questi giorni sul risultato del referendum britannico questa mia sensazione esce rafforzata. Sento dire che i vecchi hanno rubato il futuro ai giovani e chi ha votato Brexit viene dipinto come un bifolco razzista. Sarà pure vero che durante la campagna sul referendum i britannici sono stati influenzati dalle argomentazioni discutibili, e per altro tipiche, di qualche politico di destra. Ma non sono forse egualmente discutibili anche le salvifiche virtù europee? E, soprattutto, i voti degli anziani e degli abitanti delle periferie, per le sinistre moderne, non valgono quanto quelli dei cosmopoliti, e ricchi, giovani della city londinese?

Il fatto è che dall'origine del processo d'integrazione prevale tra gli europeisti la mentalità che questo sia un disegno da portare avanti, anche contro la volontà popolare, a qualunque costo. Dal celebre Manifesto di Ventotene "per un'Europa unita e libera" redatto da: Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Ursula Hirschmann leggiamo come il rivoluzionario europeo <<attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle informi masse. Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e, intorno ad esso la nuova democrazia>>.

E vabbè direte voi, erano gli anni quaranta del novecento, c'era la guerra, altri tempi. Invece no. Anche in tempi più recenti l'atteggiamento degli europeisti verso chi bloccava, o rallentava, il loro divino progetto non è stato accettato con molto fair play. Basti ricordare, ad esempio, il prepotente ribaltone del referendum greco di appena un anno fa, o l'attuale petizione on-line per ripetere il referendum inglese di pochi giorni fa. Petizione che, tra l'altro, potete firmare anche voi semplicemente dando un codice postale britannico e dichiarando di essere cittadini del Regno Unito. Io l'ho fatto. Perché non dargli una seconda possibilità? Come successe con il referendum Irlandese che rifiutava il trattato europeo di Lisbona nel 2008 ripetuto appena l'anno successivo, ovviamente, con un risultato gradito agli europeisti.

D'altronde è risaputo il fatto che i funzionari europei non abbiano molto a cuore l'opinione dell'elettorato. Come dimenticarsi le simpatiche dichiarazioni dell'ex presidente del consiglio europeo Edward Von Rompuy <<L'intero territorio europeo, a parte la Russia, verrà inglobato nell'Ue. Non so se c'è il sostegno dell'opinione pubblica, ma lo faremo lo stesso>>

Oppure, tra le altre, la celebre frase dell'attuale presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker <<Noi prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere cosa succede. Se non protesta nessuno, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto in cui non si può più tornare indietro>>.

E che dire invece del meraviglioso libro di Mario Monti "Intervista sull'Italia in Europa", curato dal giornalista Federico Rampini nel 1998. Nel testo si possono leggere tante perle riguardo all'atteggiamento democratico del nostro ex Presidente del Consiglio. Ad esempio, il fatto che le paure siano il motore dell'integrazione europea (e in questi giorni di Brexit ce ne siamo accorti una volta di più, grazie al delirio catastrofico europeista di giornali e TV). Ma c'è anche l'impagabile chiarezza sull'intenzione di mantenere le istituzioni europee <<al riparo dal processo elettorale>> (non sto scherzando, leggete qui).

Per finire, ecco un altro esempio di democraticità che ci viene proprio da un federalista europeo, erede di Spinelli, sessantanni dopo Ventotene: Roberto Castaldi, professore dell'Università Roma III. In "La moneta unica e l'unione politica" l'autore scrive che <<L'euro è nato anche per mettere l'Europa a un bivio, o meglio su un piano inclinato verso la statualità europea. Una moneta unica senza un governo dell'economia non può reggere a lungo>>. Niente di nuovo per chi si ricorda l'intervista di Romano Prodi del 2001 al FT (il famoso, <<un giorno ci sarà una crisi...>>).

Avete capito, oppure no, che il vostro dissenso per loro non conta? Ogni cosa si risolve con il "Più Europa!". Crescita? "Ci vuole più Europa!". Lavoro? "Ci vuole più Europa!". Reazioni al Brexit? "Ora ci vuole più Europa!"? Non hanno pane? Che mangino "Più Europa!".

Nessun commento:

Posta un commento