lunedì 24 aprile 2017

Helsinki 2014: quando Draghi spiegò le cause della crisi

Il testo che segue è la (mia) traduzione di un intervento del presidente della BCE Mario Draghi a Helsinki il 27 novembre 2014 (qui la versione integrale, a partire dal minuto 53 e 50 secondi, e qui l'estratto pubblicato da byoblu.com di Claudio Messora), ed è la sostanziale conferma di quanto già affermato l'anno precedente ad Atene dal suo vice (qui).


<<Non è che i paesi abbiano perso totalmente la flessibilità del cambio entrando nell’unione monetaria perché ad essi rimane la flessibilità del cambio dell’euro, ma certamente nell’unione monetaria hanno perso una parte di questa flessibilità. Pertanto, gli aggiustamenti devono avvenire attraverso la svalutazione interna. Ora, questa è la ragione per cui…no, prima di tutto, perché avvengono questi aggiustamenti? La risposta è un’altra domanda: sarebbe ipotizzabile un’unione monetaria con creditori e debitori permanenti, per sempre? Al giorno d’oggi queste unioni esistono, gli Stati Uniti d’America per esempio sono in una situazione dove lo stato dell’Oklahoma è un debitore permanente e quello di New York un creditore permanente. Ma allo stato attuale del dibattito politico è realistico pensare che una simile unione potrebbe esistere nel nostro caso? In un certo senso torniamo al discorso precedente,  le politiche d’integrazione politica ed economica sono collegate in questo caso, nel senso che questo non sarebbe realistico al momento. Quindi i paesi debitori devono gradualmente rientrare e perciò la disciplina, la politica economica, all’interno di un’unione monetaria è molto diversa da quella che ci sarebbe al di fuori di essa. Nel periodo precedente la crisi abbiamo avuto dei giganteschi trasferimenti di capitali in quei paesi che stavano semplicemente vivendo grazie al credito sia nel settore privato che in quello pubblico, e questo ha permesso due cose: il debito è cresciuto e i prezzi sono saliti. Essi stavano perdendo competitività e hanno finanziato questa mancanza di competitività tramite l’afflusso di capitali. Poi, ad un certo punto, la situazione è cambiata. Il credito si è bloccato ed essi hanno dovuto tornare competitivi riportando i prezzi, che nel frattempo erano cresciuti senza avere nessuna relazione con la produttività, ad un livello in cui questi paesi fossero di nuovo competitivi. Che cosa abbiamo imparato da questa lezione? Dunque, ci sono molte cose che abbiamo imparato ma la più importante è che dovremmo stare molto attenti in un’unione monetaria a non lasciare che gli stipendi e i prezzi crescano fuori da ogni controllo, dovremmo stare molto attenti a far rimanere i paesi competitivi all’interno dell’unione monetaria e non lasciare che la situazione sfugga di mano perché in quel caso saremmo in un certo senso puniti, non solo dal mercato ma anche da congelamento del flusso di capitali, com’è avvenuto durante la crisi>>.


Cosa intende Mario Draghi quando spiega che, a causa della parziale perdita della flessibilità del cambio, gli aggiustamenti devono avvenire attraverso la svalutazione interna? Con la parola aggiustamenti Draghi si riferisce al bilanciamento del saldo delle partite correnti con l'estero che potete osservare nel grafico che segue.

Il saldo delle partite correnti italiane, dopo un periodo di risalita dovuto all'uscita dallo SME nel 1992 (l'antesignano dell'euro) ritorna a peggiorare a partire dal 1997, cioè in concomitanza con la rivalutazione della lira (vedi qui) dovuta all'introduzione dei cambi obiettivo che sarebbero entrati in vigore a partire dal 1 gennaio 1999, anno di nascita dell'euro. A riportarlo in attivo sono le politiche di austerità che hanno distrutto la domanda di consumi interna e quindi anche il livello delle importazioni, favorendo così il progressivo aggiustamento dei nostri conti con l'estero.

La risalita avviene in corrispondenza del governo Monti nel modo in cui lui stesso ci ha illustrato in una nota intervista alla CNN (qui il video pubblicato sempre da byoblu.com). Alla domanda del giornalista: <<Vi serve qualcuno che compri i vostri prodotti? Mi sta dicendo che volete che sia la Germania a comprare da voi?>>, l'allora Presidente del Consiglio Mario Monti risponde: <<Stiamo guadagnando posizioni migliori in termini di competitività grazie alle riforme strutturali, stiamo effettivamente distruggendo la domanda interna attraverso il consolidamento fiscale. Quindi, ci deve essere un'operazione di domanda attraverso l'Europa...>>.

Quello che avviene con la svalutazione interna, la distruzione della domanda, come dice Monti, provoca sì il miglioramento del saldo con l'estero (se diminuiscono i consumi calano anche le importazioni) ma anche il drastico aumento della disoccupazione.

Il tasso di disoccupazione che era diminuito nel periodo precedente la crisi ricomincia ad aumentare allo scoppio di essa e, dopo essersi stabilizzato tra il 2010 e il 2011, ricomincia a correre a causa della distruzione di domanda interna eseguita dal governo Monti (e dai successivi).

Si tenga presente che lo stesso presidente Draghi afferma che la politica economiche all'interno di un'unione monetaria è molto diversa da quelle che ci sarebbe al di fuori di essa. Infatti, con una moneta sovrana il riequilibrio delle partite correnti con l'estero sarebbe favorito della svalutazione esterna (quella della moneta) che renderebbe meno convenienti, per i residenti, le importazioni e al contrario più convenienti, per i non residenti, le nostre esportazioni. 

Il perché la svalutazione interna in un'unione monetaria sia invece necessaria, Mario Draghi, ce lo spiega quando afferma che, dato che non è possibile realizzare gli Stati Uniti d'Europa (vedi qui l'analisi dell'economista Sapir sul suo blog) e quindi una serie di trasferimenti gratuiti di capitali, ad opera del governo, dalle regioni ricche a quelle povere dello stato, come avviene in uno stato sovrano, le economie di quei paesi che si indebitano con gli altri stati dell'Unione devono gradualmente rientrare. Cioè devono pagare i loro debiti (in euro, ovviamente) invertendo il saldo delle partite correnti con l'estero.

Le cause dello squilibrio che provocano tutta questa sofferenza alle popolazioni colpite dalla distruzione della domanda interna sono illustrate subito dopo. Draghi ci racconta che, nel periodo precedente la crisi, sono avvenuti dei giganteschi trasferimenti di capitali in quei paesi che successivamente saranno colpiti dagli aggiustamenti (cosa per altro descritta molto bene dal suo vice qui una anno prima). In altre parole, si stavano indebitando in euro, cioè in una moneta del quale non controllano né l'emissione né il valore. Qui Mario Draghi fa riferimento al debito incamerato dal settore pubblico e privato, privandoci tuttavia di un dettaglio molto importante per stabilire le responsabilità della crisi. Infatti, al contrario del suo vice, non si sofferma sul fatto che ad esplodere prima della crisi, in Italia, come negli altri paesi maggiormente colpiti da essa, è stato più che altro il debito privato e non quello pubblico che invece stava diminuendo (in percentuale al PIL) come mostra il grafico seguente.

Si osservi come, nel periodo di riferimento, debito pubblico e privato italiano viaggino secondo una dinamica, per ampi tratti, opposta . Ad un calo del debito pubblico durante la seconda parte degli anni novanta si oppone un incremento del debito privato, che è quello che intende Draghi con: <<giganteschi trasferimenti di capitali>> . La crescita del debito privato è andata in parallelo con quella del debito estero (vedi qui). Dall'applicazione delle politiche di austerità, invece, in coerenza con l'aggiustamento del saldo delle partite correnti con l'estero, ricomincia a correre il debito pubblico mentre diminuisce quello privato in quella che è stata una vera e propria operazione di socializzazione delle perdite. 

Infine Mario Draghi ci spiega qual è la lezione che abbiamo imparato dalla crisi. Cioè, come possiamo evitare che tutto questo si ripeta. In pratica, per impedire che alcuni paesi dell'Unione perdano competitività nei confronti degli altri, e pertanto incamerino troppi debiti, va impedito che gli stipendi e i prezzi crescano più velocemente rispetto a quelli del resto della zona euro. Questo significa che, secondo la BCE, quei paesi che hanno subito la svalutazione interna dovranno mantenere le politiche di austerità a tempo indeterminato per impedire che ripartano i consumi e quindi, per la legge della domanda e dell'offerta, anche l'occupazione, gli stipendi e i prezzi. Questo significa che se avete perso il lavoro sarà per voi più difficile trovarne un altro. Cosa confermata anche dall'On. D'Attorre (ex PD), ospite a Omnibus su La7, in questo video .

In pratica, governi italiani privilegiano le richieste dei creditori esteri rispetto al nostro diritto costituzionale al lavoro. Ora lo sapete, e ne avete anche le prove.