venerdì 22 gennaio 2021

Il lockdown salva vite umane? Parte seconda: "Credere alla scienza"

Come prima cosa desidero ringraziarvi per le numerose visualizzazioni e condivisioni del mio post precedente che, qualora non aveste ancora letto, potete trovare qui.

Un ringraziamento particolare va a @EntropicBazaar e @the_brumby per avermi suggerito una serie di studi che mi hanno consentito di approfondire il giudizio della comunità scientifica sulle conseguenze del lockdown come strumento per salvare vite umane durante la pandemia da Covid-19 attualmente in corso. Un argomento che, a quanto pare, non appassiona solamente il sottoscritto.

 


Nella narrazione di massa esiste una contrapposizione fra chi "Crede alla scienza" e chi no. L'argomento assume la connotazione tipica della fallacia dell'uomo di paglia perché, in effetti, chi lo utilizza intende porre il discorso, a suo favore, dando per scontato qualche passaggio logico, di non lieve entità, che meriterebbe di essere approfondito. 

Intanto, la scienza non andrebbe "Creduta", cioè bisognerebbe studiarla invece che accettarla con un atto di fede; e poi si pone anche il problema di accertare cosa dica veramente la scienza.

Anche ammettendo che fidarsi di quello che dicono le persone autorevoli come gli scienziati può essere accettabile, non bisogna fare sempre troppo affidamento sulle altrui capacità di intercettare correttamente il pensiero della comunità scientifica. Non è detto, infatti, che i mezzi di comunicazione che ci informano non si rivelino superficiali, o tendano a trasmettere una divulgazione molto orientata, alterando così la nostra percezione di ciò che sostiene realmente la scienza.

In questo post vi propongo, senza l'ambizione di poter esaurire l'argomento, una serie di lavori scientifici a favore, o critici, verso le più restrittive misure di contenimento introdotte dai governi di mezzo mondo a seguito della pandemia di Covid-19. 

Ho trovato tre studi che asseriscono, in accordo con la narrazione prevalente, che le misure di distanziamento sociale abbiamo salvato molte vite umane. Questi documenti, si basano sul confronto fra i modelli matematici che stimano l'andamento curva dei contagi in assenza di politiche di contenimento, e i dati reali. Il loro giudizio positivo sul lockdown è dato dal minor numero di vittime nella realtà, in cui è stato implementato il distanziamento sociale, rispetto a quelli delle stime calcolate dal modello previsionale, eseguito nell'ipotesi di assenza di misure contenimento. La loro validità è pertanto strettamente connessa alla correttezza dei modelli matematici applicati che rappresentano uno scenario ipotetico, non verificabile.

Ovviamente, in questi casi, un'esagerata previsione dei contagi che si sarebbero sviluppati in assenza di misure di contenimento altera il giudizio sull'efficacia delle stesse. Pertanto, si pone la questione se i modelli matematici utilizzati rappresentino un controfattuale attendibile. 

Per esempio, l'attendibilità di queste previsioni contrasta con la mancanza di correlazione fra severità delle misure di contenimento e tasso di mortalità da Covid-19 suggerita dalla mia analisi del post precedente a questo. Cioè, se in mancanza di adeguate politiche di lockdown il prezzo di vite umane pagato fosse stato maggiore, avrei dovuto riscontrare più decessi, per milione d'abitanti, nei paesi che le hanno implementate con meno severità degli altri. Tuttavia, come abbiamo visto, così non è. Il controfattuale ipotetico (il modello matematico previsionale) contrasta con il controfattuale reale (gli esempi in cui il lockdown non è stato eseguito).

Inoltre, lo stesso studio di Flaxman "Estimating the effects of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in Europe" si pone la questione se le stime eseguite siano congruenti e ammette potrebbero essere sovrastimate, anche se poi aggiunge che nella conta andrebbe considerato anche l'aumento di mortalità dovuto all'impossibilità delle strutture ricettive sanitarie di accogliere tutti i malati presupponendo però, ancora una volta, che vi sia una relazione tra misure restrittive e contagi; il che è precisamente quello che lo studio si propone, o si dovrebbe proporre, di dimostrare. 

Lo studio di Hsiang parrebbe considerare, in assenza d'interventi, semplicemente una curva dei contagi esponenziale del 38% giornaliera.

L'applicazione di questo approccio basato su modelli matematici è risultato particolarmente infelice nel rapporto del CTS di fine aprile 2020, quello diventato popolare per le 150.000 terapie intensive entro metà giugno 2020 che, ovviamente, non si sono verificate. Non so quanto il modello matematico del CTS assomigli ai precedenti, ma il fatto di aver proposto una stima sui contagi futuri, anziché su un passato ipotetico, ha messo alla luce tutti i rischi di questo tipo di approccio alla valutazione dell'efficacia del lockdown, dato che, a differenza dei altri casi, in questo è risultato evidente a tutti che quanto previsto non è realmente accaduto.

Se volete dare un'occhiata a queste ricerche scientifiche, le trovate qui sotto:

Oltre ai tre suddetti studi favorevoli al lockdown ne esistono una trentina piuttosto critici. Questi, di norma, misurano l'efficacia delle politiche di contenimento sulla base dei dati storici, cioè sull'andamento delle curve dei contagi e dei decessi realmente avvenuti. 

La maggior parte di essi sostengono che non ci sia alcuna evidenza dell'efficacia del lockdown, o comunque di severe restrinzioni al movimento personale. 

Oltre al già citato (nel post precedente) "Assessing Mandatory Stay-at-Home and Business Closure Effects on the Spread of Covid-19" che può vantare tra gli autori John P.A. Ioannidis (che possiede un indice bibliometrico "H-Index" di 162 contro, ad esempio, il 27 del nostro stimatissimo Roberto Burioni), su Lancet è stato pubblicato "A country level analysis measuring the impact of government actions, country preparedness and socioeconomics factors on COVID-19 mortality and related health outcomes" in cui si afferma che il lockdown non è statisticamente associato a una riduzione della mortalità da Covid-19.


Alcuni, come Homburg "The illusory effects of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in Europe", sostengono che i modelli matematici utilizzati negli studi favorevoli al lockdown, che sono in funzione, ad esempio, di curve dall'andamento esponenziale, tendono a sovrastimare i suoi benefici, perché non tengono conto del fatto che l'epidemia ha un suo andamento naturale che prima o poi si attenua, indipendentemente dall'applicazione o meno di misure di contenimento. 

L'elenco completo degli articoli lo trovate qui. Potete consultarlo anche senza un account Twitter. Oltre al collegamento ad ogni documento, nei tweet, è incluso anche un breve estratto per ognuno di esso.


Concludendo, sarebbe utile essere consapevoli del fatto che, nonostante la narrativa mainstream continui a sostenere acriticamente le misure fino ad oggi adottate, adducendo come motivazione la loro (presunta) provata efficacia scientifica, in realtà, esiste una vivace discussione nell'ambito della stessa comunità scientifica in merito all'utilità di severe misure di contenimento della pandemia, quali ad esempio il lockdown.

Pertanto, alla luce dei fatti, la dialettica convenzionale basata sulla contrapposizione tra chi "Crede alla scienza" e il "Negazionista" è decisamente fuorviante e appare quanto mai caricaturale. 


giovedì 14 gennaio 2021

Il lockdown salva vite umane?

Un'anziana signora che, a una conferenza, stava ascoltando una lezione di un fisico si rivolse a lui dicendogli che tutto quanto aveva detto sui pianeti e sul sistema solare era falso e che, in realtà, la Terra poggiava su un'enorme tartaruga. Lo scienziato, con un ghigno di superiorità, le chiese cosa ci fosse sotto quella tartaruga e l'anziana rispose con sicurezza: "un'altra tartaruga!". Il grandissimo fisico teorico Stephen Hawking, dal cui libro "Dal Big Bang ai Buchi Neri" è tratto questo aneddoto, si domandava cosa conferisse alle opinioni degli scienziati più credibilità rispetto a quelle dell'uomo della strada. Sono le prove con cui ognuno di noi sostiene le proprie tesi a rendere una teoria più ragionevole di altre. La verità non deve essere data per scontata, ed è proprio il dubbio a portare avanti la scienza. Può capitare che nuove evidenze contraddicano quelle del passato facendo progredire l'umanità un errore dopo l'altro. 

Anche se nella vita di ogni giorno non ci comportiamo come scienziati, ed è naturale ripetere tante cose per sentito dire perché sarebbe impossibile trovare il tempo per approfondire tutto personalmente, occasionalmente, quello del dubbio può essere un esercizio istruttivo. Ad esempio, io mi sono chiesto quali evidenze avessi per sostenere che il distanziamento sociale diminuisse le vittime da Covid-19. 

Ovviamente, è nell'esperienza di ognuno di noi il fatto che negli ambienti affollati proliferino maggiormente i virus influenzali, e che pertanto sia meglio evitarli di questi tempi. L'esperienza però ci suggerisce anche che vedere le cose dal proprio punto di vista non sempre aiuta a comprendere i fenomeni, quando la scala d'osservazione aumenta enormemente. Ritornando per un momento alla fisica, grazie ad Einstein oggi sappiamo che il tempo è relativo. Nella vita di tutti i giorni, un minuto è sempre tale misurato a Parigi o a Pechino ma se non conoscessimo l'effetto della relatività del tempo avremmo problemi nella geolocalizzazione satellitare. Lo stesso discorso si applica in economia. Quando Keynes ha illustrato il suo paradosso della parsimonia ha spiegato che il risparmio può essere considerata una virtù del singolo ma la medesima condotta a livello nazionale causa una diminuzione dei redditi e quindi, in definitiva, anche del risparmio. La scienza si riferisce a questo concetto come la fallacia di composizione, cioè quando si inferisce erroneamente la qualità complessiva di un oggetto sulla base della sue componenti (definizione di Wikipedia). Dunque, non è sempre una buona idea proiettare i risultati del proprio comportamento, o di pochi, sull'intera collettività.

Riprendiamo ora il discorso iniziale. Ipotizzando che crescenti misure volte a limitare il movimento delle persone influiscano in senso positivo sulla mortalità da Covid-19 dovremmo concludere che i governi che abbiano imposto ai loro popoli le limitazioni più severe siano anche quelli ad aver ottenuto una minore mortalità. C'è un modo per verificarlo? Per fortuna sì. Oggi internet permette di reperire comodamente dalla poltrona di casa tutti i dati necessari a questa ricerca. Quindi, mettetevi comodi.

L'indicatore elaborato dell'università di Oxford "Restringency Index" nell'ambito del progetto "Coronavirus Government Response Tracker" è suddiviso in indici tematici. Quello che interessa a noi è la misura del distanziamento sociale e cioè il "Containment Health Index". L'altro dato che ci serve è l'indice di mortalità. Io ho utilizzato quelli disponibili sul sito statista.com. Dato che confronteremo questi due indicatori, per paese, tramite un grafico a dispersione, quello che ci aspettiamo di vedere è una serie di pallini azzurri (le coppie di valori indice di distanziamento/morti, per nazione) che tendono a spostarsi vicino all'asse delle ascisse (la parte bassa del grafico) via via che sale l'indice che misura il distanziamento sociale e, in conseguenza di ciò, scende quello della mortalità. Purtroppo però, come potete vedere dal successivo grafico, questo non accade. L'indice "R quadro" mostra una leggera correlazione (0,04 su 1), non so quanto statisticamente rilevante, tuttavia sembrerebbe che l'andamento proceda al contrario rispetto a quanto sperato; cioè che a un aumento del distanziamento sociale corrisponda un leggero incremento dell'indice di mortalità anziché il contrario. A pensarci bene, è piuttosto sconfortante.

Nell'ipotesi in cui alcuni valori anomali, definiti "outliers" possano compromettere l'andamento del grafico, portandomi a conclusioni errate, ho eseguito una procedura volta a eliminarli. In sostanza, ho tolto dal grafico tutte le coppie (i pallini azzurri) che non rientravano nell'intervallo dato dalla somma della deviazione standard più la mediana della serie di valori (questo corrisponde alla soglia massima); e anche quelli corrispondenti alla differenza fra la mediana e la deviazione standard (questo corrisponde alla soglia minima). Purtroppo però, neanche così otteniamo il risultato sperato. La correlazione fra misure di distanziamento sociale e l'indice di mortalità continua a sembrare molto debole, forse insignificante, e  addirittura risulta che tali misure provochino una mortalità leggermente maggiore. 

Infine, ho escluso dal campione le nazioni in cui la mortalità è risultata essere molto bassa, nel caso in cui i dati di questi paesi possano essere in qualche modo poco credibili. 

Escludendo gli indici di mortalità inferiori a 100 per milione di abitante


Inferiori a 300


Inferiori a 600

Purtroppo però, sebbene in questo modo la linea di tendenza tenda ad appiattirsi, neanche così si verifica una correlazione negativa.  

Passiamo a un'ulteriore analisi. Prendiamo due paesi che abbiano adottato contro il Covid-19 strategie differenti. Ad esempio, l'Italia, con un indice di contenimento di 56,60, e la Svezia con 41,84. La media di tutti i paesi corrisponde a un indice di 47. Dal grafico qui sotto possiamo vedere l'andamento dei decessi giornalieri. Quelli italiani sono misurati nella scala di valori delle ordinate a sinistra e quelli svedesi a destra. Questo perché, essendo i morti svedesi molto inferiori a quelli italiani (per fortuna, dato che la Svezia ha meno abitanti) una scala unica avrebbe appiattito i valori di quest'ultimi impedendo di osservare bene una cosa interessante; che l'andamento dei decessi giornalieri nelle due ondate è molto simile nonostante l'opposta politica sanitaria adottata dai rispettivi governi. Considerate anche che, ovviamente, l'indice che misura il trend di mobilità della popolazione (ho usato quello calcolato da Apple) è molto più basso in Italia che in Svezia. Infatti il governo italiano, a differenza di quello svedese, ha praticamente fermato il paese facendo rimanere tutti a casa.

Ma allora davvero dobbiamo credere, contro tutte le aspettative, che il lockdown sia inutile o persino dannoso? Premesso che, secondo me, ciò che uno pensa non deve sempre essere giustificato scientificamente. Se così fosse, non sarebbe possibile credere in molte cose belle. Ognuno è libero di pensarla come vuole ed è raro che qualcuno possa affermare con certezza di essere completamente nel giusto. Comunque,  anche se le evidenze che vi ho proposto non sono in accordo con la tesi mainstream, se corrisponde al vero quello che mostra un'indagine eseguita dall'Arpa Piemonte, secondo cui il virus non è stato rilevato all'aperto ma in ospedali e soprattutto in ambiente domestico, forse non è poi così strano che, tutto sommato, possa accadere che il vantaggio del mancata mobilità delle persone venga compensato da una maggiore facilità di contagio in ambienti chiusi. Soprattutto se si considera che la mobilità non è mai del tutto azzerata.

Concludendo, se devo fare un discorso basandomi sui dati disponibili, e non sulla fede, non posso semplicemente dire che la Terra è sostenuta da una pila infinita di tartarughe. Conseguentemente, non posso neanche sostenere di aver trovato alcuna prova del fatto che un maggior distanziamento sociale salvi più vite umane. Inoltre, la mia personale opinione sembra condivisa anche da alcuni professionisti che, adottando metodi molto più raffinati dei miei, sono giunti alle medesime conclusioni. Lo studio scientifico a cui mi riferisco si intitola "Assessing Mandatory Stay-at-Home and Business Closure Effects on the Spread of COVID-19". La conclusione è che, sebbene piccoli benefici non possano essere esclusi, lo studio non riscontra significativi risultati nei casi in cui sono state adottate misure più severe di distanziamento sociale [more restrictive non pharmaceutical intervention (NPIs)]. Lo stesso rallentamento del contagio potrebbe essere ottenuto con misure meno restrittive. 

E voi, che prove avete del fatto che il lockdown salvi vite umane?

Potete trovare qui la seconda parte di questo post.