Ad esempio, negli ambienti accademici, la realtà della crisi è raccontata in maniera un po' diversa rispetto ai talk show televisivi.
Estratto del discorso del Vice Presidente della Banca Centrale Europea Vitor Constâncio ad Atene il 23 maggio 2013
Il racconto prevalente della crisi
Cominciando dalla prospettiva iniziale sulle cause, il vecchio racconto della crisi progressivamente corretto dall'ambiente accademico ma ancora molto popolare in alcuni segmenti dell'opinione pubblica, dice più o meno questo: non c'era essenzialmente niente di sbagliato nel disegno iniziale dell'Unione Monetaria Europea, e la crisi è il risultato del fatto che diversi paesi periferici non hanno rispettato quel disegno - in particolare le regole fiscali del Patto di Stabilità - e questo ha generato la crisi dei debiti sovrani. Questa è la "versione fiscale", che può essere connessa ad altre due: l'indisciplina fiscale ha portato al surriscaldamento economico, l'aumento degli stipendi e dei prezzi ha implicato una perdita di competitività, e questo poi ha condotto alla crisi della bilancia dei pagamenti.
Sebbene questa teoria sia intrinsecamente coerente, non è corretta, specialmente come motivo principale della crisi.
Per prima cosa, non c'è alcuna forte correlazione tra il fatto che un paese membro abbia, o no, rispettato il Patto di Stabilità prima della crisi, e i tassi di rendimento richiesti attualmente dai mercati finanziari. Per esempio, Germania e Francia non hanno rispettato il Patto nel 2003-4; Spagna e Irlanda invece l'hanno rispettato più o meno fino al 2007.
In secondo luogo, non vi è stato alcun aumento uniforme del debito pubblico complessivo nei primi anni dell'euro nei paesi che sono ora sotto pressione a causa del debito sovrano.
Lucido n.1: evoluzione del debito pubblico e privato |
Effettivamente, in alcuni di essi è calato, e in altri è diminuito sostanzialmente. Per esempio, dal 1999 al 2007 il debito pubblico è diminuito in Spagna dal 62,4% del PIL al 36,3% del PIL. In Irlanda, durante lo stesso periodo, il debito pubblico è crollato dal 47% del PIL al 25% del PIL. Per quanto riguarda i paesi con dei livelli relativamente alti, il debito pubblico è diminuito in Italia (dal 113% del PIL al 103% del PIL) ed è cresciuto solo di poco in Grecia. Comunque, negli ultimi due casi, i livelli di debito pubblico erano già molto lontani dal 60% previsto dal Patto di Stabilità.
Includendo il settore bancario
Io sostengo che, per avere un resoconto più accurato delle cause della crisi, dobbiamo andare oltre le sole politiche fiscali: gli squilibri si sono originati prevalentemente dalle spese del settore privato, che è stato a sua volta finanziato dai settori bancari dei paesi attivi e passivi.
Come mostra il lucido numero 1, contrariamente ai livelli dei debiti pubblici, quelli di debito privato sono aumentati del 27% nei primi sette anni dell'euro. L'aumento è stato particolarmente pronunciato in Grecia (217%), Irlanda (101%), Spagna (75,2%), e Portogallo (49%), tutti paesi che sono stati colpiti duramente dalla recente crisi. Il forte aumento del debito pubblico, invece, inizia solo dopo la crisi finanziaria. Nel corso di quattro anni il debito pubblico aumenta di cinque punti in Irlanda e di 3 punti in Spagna.
Visto da questa prospettiva, il rapido aumento dei debiti pubblici seguiti dal crollo delle entrate fiscali e della spesa per le politiche sociali, la quale è aumentata durante la recessione dopo che i meccanismi automatici di contrasto sono stati attivati. Le pericolose interrelazioni tra i sistemi bancari privati e quelli pubblici che sono emerse dopo l'inizio della crisi finanziaria sono servite anch'esse a indebolire i conti pubblici.
Da dove sono arrivati i finanziamenti che hanno fatto esplodere il debito privato? Un particolare aspetto del processo di integrazione finanziaria in Europa dopo l'introduzione dell'euro è stato un maggior incremento nelle attività bancarie intraeuropee. Le esposizioni finanziarie delle banche dei paesi creditori nei confronti di quelle dei paesi debitori sono più che quintuplicate tra l'introduzione dell'euro e l'inizio della crisi finanziaria.
Lucido n.2: esposizione del settore bancario dei paesi creditori "non stressed countries" verso quelli debitori "stressed countries" |
Anche se questa esplosione di flussi finanziari si è distribuita in modo differente tra i paesi periferici, li ha interessati tutti, e contenerne gli effetti si è dimostrato piuttosto impegnativo.
Lucido n.3: esposizione del banche dei paesi creditori "non stressed countries" verso quelli debitori "stressed countries" in percentuale del PIL |
Possiedo un'esperienza diretta circa le difficoltà che i paesi periferici hanno affrontato. Le regole europee sulla libera circolazione dei capitali avevano l'obiettivo era di creare una parità di condizioni per i diversi settori bancari, e si è creduto che l'efficienza avrebbe riequilibrato i mercati finanziari, tutto era pensato per rendere davvero difficile ogni sorta di politica di contenimento. Inoltre, nessuno aveva previsto che un blocco improvviso dei finanziamenti, caratteristico dei paesi emergenti, potesse avvenire nell'area dell'euro.
Di conseguenza, i flussi finanziari di capitale relativamente a basso costo si sono trasformati in un'enorme boom del credito nei paesi ora sotto pressione per le crisi. Come sappiamo, il credito non è stato distribuito in modo ottimale dagli agenti razionali di mercato. Dal lato della domanda, in un contesto di bassi tassi d'interesse, i consumatori e imprese, prevedendo una crescita futura, hanno anticipato consumi e investimenti come dei buoni ottimizzatori intertemporali. Dal lato dell'offerta, le banche europee e i mercati finanziari non hanno agito in accordo con quanto teoricamente previsto in materia di gestione del rischio di credito. E' stato questo che poi ha portato al surriscaldamento dell'economia, alle pressioni sui salari e sui prezzi, alla perdita di competitività e agli alti deficit dei saldi delle partite correnti.
Lucido n.4: crescita del credito bancario verso il settore privato nei paesi debitori "stressed countries" |
Riassumendo, la BCE sostiene che la crisi sia stata causata dagli squilibri progressivamente formatisi nel settore privato, a causa dell'euro, tra paesi debitori (sotto pressione per la crisi) e paesi creditori. Pertanto conferma che si tratta di un problema di saldo con l'estero (ovvero delle partite correnti come già visto qui e qui) e non di debito pubblico o di spesa pubblica.
Potete trovare il testo integrale del discorso, in inglese, direttamente sul sito della Banca Centrale Europea (qui)
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