lunedì 2 febbraio 2015

Il costo del lavoro in Italia

Anche se l'economia non è una scienza esatta, e ci sono correnti di pensiero che arrivano molto spesso a conclusioni assai differenti, nessuno è giustificato a dare informazioni e dati completamente errati. Tuttavia questo è quello che accade continuamente.

Questo post è per coloro i quali continuano impunemente a mentire sul costo del lavoro in Italia, allo scopo di fare disinformazione strumentale ai propri fini.

Di seguito la tabella Eurostat del costo del lavoro orario (ho scritto Eurostat, ok? Se non vi piace andate in Lussemburgo a protestare). La tabella si ingrandisce cliccandoci sopra.


Chi avesse dubbi su cosa inserisce Eurostat nel costo del lavoro può controllare (qui). E sì, sono compresi anche i contributi sociali.

Pertanto, dice Eurostat, che nel 2013 il costo del lavoro orario medio dell'Eurozona EA-17 è stato pari a € 28,4 contro € 28,1 in Italia (EA non sta per Emporio Armani ma vuol dire Euro Area, e 17 è il numero dei paesi).

Chi prende in giro gli italiani con mirabolanti statistiche sull'alto costo del lavoro si riferisce al costo del lavoro per unità di prodotto (vi parla, in sostanza, di produttività). Tutti quelli che si sono voluti informare sulla crisi, anche su questo misero blog, sanno benissimo che il problema italiano è la produttività. E non potrebbe essere altro in un paese che ha agganciato la propria valuta a quella di paesi con tassi d'inflazione più bassi del suo.

Ma come ha deciso di risolvere questo problema il nostro governo? Con il Jobs Act. In sostanza, cercando di abbassare il costo del lavoro (orario), invece che sganciandosi dall'euro che poi è la principale causa dello spaventoso calo di produzione industriale registrato in questi anni (-25% secondo Confindustria) e pertanto dell'incremento del costo del lavoro unitario. Sapete com'è, se l'azienda è messa nella situazione di vendere meno è ovvio che gli stessi lavoratori, producendo di meno, fanno segnare un costo maggiore per unità prodotta, anche se il loro stipendio è rimasto invariato.

Nel frattempo, il messaggio del mainstream è sempre lo stesso: "le riforme ci rendono liberi".








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