lunedì 9 febbraio 2015

Il discorso d'insediamento poco originale del Presidente Mattarella

Alle ore dieci del 3 febbraio 2015 il Presidente della Repubblica Mattarella ha giurato e, come di consueto, letto il suo discorso d'insediamento.


Già dal ringraziamento ai suoi due predecessori Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, a cui andrebbe l'affettuosa riconoscenza degli italiani si capisce che le speranze di un cambiamento potrebbero essere mal riposte.

Lungi dall'essere ingrato verso due eminenti personalità del recente passato ma a Ciampi io associo tutto un certo modo di vedere la politica economica che va dal divorzio tra Ministero e Banca d'Italia all'euro, e di Napolitano non posso non ricordare le sue lacrime di coccodrillo mentre nel discorso di capodanno del 2013 leggeva le lettere dei poveri disoccupati, come se l'austerità da lui voluta non fosse la principale causa della sofferenza di quei cittadini. Ma va bene, non mi aspettavo certo che il nuovo Presidente ripudiasse la stessa maggioranza che lo ha eletto e che, nel corso degli anni, si è resa responsabile di tutto quanto sopra accennato.

Il Presidente ha poi ripetuto più o meno il concetto espresso con le sue prime parole il giorno dell'elezione relativamente alle attese (o le difficoltà) e le speranze degli italiani. Il riferimento era d'obbligo visto che la frase era piaciuta parecchio un po' a tutti.

I problemi, a mio avviso, più importanti emergono su due aspetti non di poco conto.

Il primo è che il Presidente, dopo aver elencato le conseguenze infauste della crisi (ingiustizie, povertà, emarginazione, etc. etc.) dichiara che:

E' indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo.

Pertanto, non ci discostiamo dal solito discorso: "austerità brutta e cattiva ma necessaria, e dalla crisi ci porterà fuori l'Europa".

A tal proposito va osservato che l'austerità (come già argomentato fino alla nausea anche su questo inutile blog) è figlia della volontà di causare una recessione per salvare l'euro. Ad oggi, i problemi per cui questa politica cinica è stata eseguita sono ancora tutti lì. Mi riferisco agli squilibri macroeconomici europei, cioè ai debiti e ai crediti maturati tra i vari paesi a seguito dell'unione monetaria. Pertanto, dell'austerità non se ne può fare a meno (se si resta nell'euro) e  oggi l'economia può ripartire solo a debito, riportandoci però esattamente alle condizioni per cui l'austerità si è resa necessaria. E' insomma un circolo vizioso che a livello europeo solo i paesi creditori sono in grado di spezzare, eliminando loro per primi l'austerità, alimentando in questo modo il nostro commercio verso di loro. Ma non lo faranno, perché questo non è nell'interesse di chi questo sistema l'ha voluto, e in cui si è arricchito, a danno dei suoi stessi concittadini e delle popolazioni del sud Europa.

Come se non fosse già abbastanza, Mattarella aggiunge:

Nel corso del semestre di Presidenza dell'Unione Europea appena conclusosi, il Governo - cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro - ha opportunamente perseguito questa strategia.

Vi è poi il passaggio sulle riforme in pieno stile Napolitano sul quale non mi dilungo perché do per assunto il fatto che le mancate riforme non sono la causa della crisi, e il portarle a termine non ci salverà. Anzi, alcune riforme, come quella costituzionale e la legge elettorale, puntano solo a porre le basi per una maggiore repressione della democrazia e, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, per una rapida approvazione di una maggiore austerità.

A chi continua a ripetere le solite banalità sulla: corruzione, criminalità ed evasione fiscale, vorrei solo ricordare il ragionamento già fatto sopra. Se il problema è la mancanza di competitività dovuta all'introduzione dell'euro, se anche le riforme avessero successo, e disponessimo di immense risorse tolte alla mafia e agli evasori, la maggior spesa dovuta al loro utilizzo non farebbe che aggravare la nostra situazione debitoria con l'estero a causa dell'incremento delle importazioni che ne deriverebbe. Riportandoci esattamente alle condizioni in cui l'austerità (o l'uscita dall'euro) sarebbero di nuovo necessarie.

Il secondo problema è l'esplicito monito verso l'unione politica del continente europeo:

Nella nuova Europa l'Italia ha trovato l'affermazione della sua sovranità; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L'Unione Europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio.

Un'unione politica per cui il popolo italiano non si è mai espresso a favore (per la verità, non lo ha mai fatto nessun paese europeo) e che non è mai stata in agenda. Stiamo insomma parlando di fantascienza. Basterebbe solo voler vedere come l'Europa, soprattutto dall'introduzione dell'euro, si sia trasformata in qualcosa più simile a un ring nel quale i pugili se le danno senza esclusione di colpi che a un'area di effettiva cooperazione transnazionale. Insomma, più che sognare un'Europa unita politicamente (niente di più illusorio e lontano dalla realtà), tocca più che altro sperare che le conseguenze dell'unione monetaria non portino, come è accaduto fino ad ora, a un crescente antieuropeismo, al ritorno del nazionalismo, e perfino ad un'inversione di rotta sull'integrazione del vecchio continente. Fingere di non vedere questi problemi reali ed attuali, e girarsi dall'altra parte, non servirà di certo a farli scomparire.

E' appena il caso di accennare a tutti quegli applausi che hanno ricoperto con un indegno velo d'ipocrisia il discorso del neo Presidente. Applausi che venivano, come sempre, dai politici più inadempienti verso i cittadini. Quelli della maggioranza. Tanto per citare solo un episodio emblematico, il giorno dopo il giuramento di Mattarella, e il suo applaudito monito contro la corruzione, il Senato ha bocciato la calendarizzazione della legge anticorruzione presentata mesi fa dal Presidente del Senato Grasso (leggi qui).

Per quanto mi riguarda, l'unica parte del discorso del Presidente Mattarella che ho effettivamente gradito è stata la seguente:

Vi è anche la necessità di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l'esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare.

che sta a significare che i governi, d'ora in poi, non dovrebbero più tempestare il Parlamento di decreti legge anticostituzionali con il benestare del Presidente della Repubblica. Speriamo.















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