lunedì 23 marzo 2015

Le aree valutarie ottimali di Robert Mundell

Questa settimana ci occupiamo di un altro economista insignito del premio Nobel Robert Mundell e del suo celebre articolo sulle aree valutarie ottimali pubblicato nel settembre 1961 sulla rivista scientifica The American Economic Review (qui).

Le prime quattro righe sono già sufficienti a spiegare la crisi dell’eurozona:

<<It is patently obvious that periodic balance-of-payments crises will remain an integral feature of the international economic system as long as fixed ex-change rates and rigid wage and price levels prevent the terms of trade from fulfilling a natural role in the adjustment process>>

In poche parole Mundell ci dice ciò che per lui, e per tanti economisti era (ed è) assolutamente ovvio, ovvero che un  mercato unico sarà caratterizzato da periodiche crisi di bilancia dei pagamenti fino a quando i cambi fissi (e l’euro in economia è assimilabile a un cambio fisso), la bassa crescita degli stipendi e dei prezzi, ne impediranno il suo naturale assestamento. 

Se non fosse chiaro a cosa si riferisce Mundell sarà sufficiente osservare il seguente grafico:


Il grafico mostra il crollo della bilancia commerciale italiana avvenuto a seguito dell'introduzione dei cambi irrevocabili obiettivo stabiliti nel 1996 (che hanno poi generato l'euro dal primo gennaio 1999) fino al momento in cui le politiche di austerità non l'hanno riportata in surplus.

Chi afferma che l’euro non ha niente a che vedere con la crisi non ha capito di che cosa sta parlando, oppure è in mala fede.

Mundell afferma che la condizione ottimale affinché un mercato si possa dotare di una moneta unica è che all’interno di essa si creino le condizioni in cui i fattori produttivi, che in economia sono capitale e lavoro, siano perfettamente mobili. E cioè che non ci siano barriere di alcun tipo che ne impediscano lo spostamento da una parte all’altra della nostra area valutaria alla ricerca delle migliori opportunità d’investimento e di lavoro.

L’Unione Europea, ovviamente, possiede questa condizione di perfetta mobilità del fattore lavoro  solo sulla carta. Un esempio banale ma efficace sono le barriere linguistiche che, ad esempio, impediscono a molti di leggere il suddetto articolo di Mundell a causa della poca dimestichezza con la lingua inglese. Indipendentemente dal fatto che siate, o meno, sostenitori della globalizzazione (anche solo a livello europeo) è meglio che sappiate che non tutti, purtroppo, si possono permettere di vivere in un'economia di quel tipo.  

La ricerca di un’area valutaria ottimale è un elemento utilizzato per la creazione di zone economicamente stabili dove le politiche monetarie della banca centrale possono combattere più facilmente la disoccupazione. E, secondo Mundell, sono le regioni (anche se la parola regione va intesa nel senso di territorio economicamente omogeneo e non ente amministrativo) e non i confini dei singoli paesi ad essere maggiormente adatte a tale scopo.  Pertanto, il tentativo di estendere a sempre più paesi un’unica moneta è esattamente il contrario di quello che la teoria economica suggerisce. E' quindi già un obiettivo ambizioso riuscire a far funzionare aree valutarie molto più piccole di un  intero continente.

Infatti, basti pensare che neanche paesi come l’Italia o la Germania sono considerati aree valutarie ottimali. Nonostante la migrazione da sud a nord (per il nostro paese) e da est a ovest (per la Germania) ci sono ancora enormi differenze interne. Per questa ragione, i governi centrali riequilibrano il mercato interno con enormi trasferimenti fiscali da una regione all’altra. L’economista Jacq Sapir ha calcolato quanto costerebbero tali trasferimenti di denaro, in ambito europeo, dai paesi europei virtuosi a quelli meno avanzati arrivando a stimare un 8-9% annuo del PIL. L’articolo lo potete trovare a questo link (in francese) o comodamente tradotto dal blog "Voci dall’estero" (qui). E’ chiaro che ipotizzare di estendere a livello europeo una "generosità" già mal sopportata a livello nazionale preclude oggi qualsiasi ragionevole possibilità di unione politica.

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