Si sentono fare tanti discorsi sulla spesa pubblica italiana, soprattutto da chi si lamenta di quanto è alta e di come andrebbe tagliata. Tuttavia, da questi dibattiti, difficilmente ci si fa una chiara della situazione. Mosso da questa curiosità sono andato a controllare, e ho trovato i seguenti dati sul sito di Bankitalia.
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Fonte dati: base statistca Banca d'Italia (qui) |
A scanso di possibili equivoci sulla completezza dei dati, il grafico qui sopra mostra la spesa pubblica totale, divisa in: spese correnti nette, interessi, e spese in conto capitale. Possiamo osservare che la spesa pubblica italiana è, in effetti, cresciuta dal 40,7% del 1980 al 51,1% del PIL nel 2014. Tuttavia, durante il periodo oggetto della nostra analisi, l'andamento risulta essere piuttosto altalenante. Fino ai primi anni 90 si ha un progressivo aumento dovuto, praticamente in egual misura, sia all'aumento del costo delle spese correnti nette che a quello degli interessi passivi. Chi volesse conoscere il motivo dell'impennata del costo degli interessi passivi sul bilancio dello stato può farsene un'idea leggendo
questo vecchio post. Successivamente, e fino alla crisi, la spesa pubblica regredisce fino al 46,8% del 2007 (sei punti percentuali sopra il dato di partenza). Infine, riprende la sua corsa a partire dal 2008 per arrivare fino al 51,1% del 2014 (ben dieci punti percentuali abbondanti sopra il dato iniziale). Tuttavia, quest'ultimo incremento è imputabile, più che altro, alla caduta del PIL dovuto alla recessione (quasi nove punti percentuali) invece che all'incremento della spesa in sè.
Ma qual è la situazione negli altri paesi dell'eurozona? Di seguito vi propongo i dati relativi all'anno 2014.
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Fonte dati: base statistica Banca d'Italia (qui) |
L'Italia ha una spesa pubblica complessiva più elevata della media dell'eurozona di circa due punti percentuali (il 51,1% contro una media del 49%). Ci sono, strano ma vero, paesi molto più spendaccioni del nostro: Finlandia (58,7%), Francia (57,2%), Belgio (54,4%) e Austria (52,3%).
Se poi osserviamo il dato della spesa corrente al netto degli interessi, quella che comprende tutti i costi che normalmente si sente dire che dovremmo tagliare (che vanno dalle pensioni alla sanità, passando per la scuola pubblica, e gli stipendi della pubblica amministrazione) vediamo che la percentuale dell'Italia è nella media dell'eurozona (42,8% contro una media del 42,7%). Consideriamo anche il fatto che, con una crisi come quella attuale, che provoca una forte disoccupazione, alcune spese, come ad esempio quelle relative alle prestazioni di sostegno al reddito, aumentano.
Prima della crisi la situazione era la seguente.
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Fonte dati: base statistica Banca d'Italia (qui) |
Intanto, osserviamo il fatto che, nonostante quello che ci veniva ripetuto qualche anno fa, le politiche di austerità non sembrano essere state utili al contenimento della spesa pubblica. Il motivo per cui era ovvio che non sarebbe stato così, se vi interessa, lo trovate in uno dei primi post di questo blog (
qui).
Comunque, nel 2007 l'Italia aveva una spesa pubblica totale più alta della media dell'eurozona di un punto e mezzo percentuale (46,8% contro una media di 45,3%) ma la nostra spesa corrente al netto degli interessi era al di sotto di un mezzo punto abbondante (37,5% contro una media del 38,1%).
La cosa più interessante però si nota meglio isolando il dato della spesa corrente, come nel grafico sottostante.
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Fonte dati: base statistica Banca d'Italia (qui) |
Come potete vedere, prima della crisi, tutti i paesi definiti PIGS (maiali), e chiamati così per la voracità del loro settore pubblico, avevano in realtà, tutti, una spesa corrente netta più bassa della media dell'eurozona. Oltre ai casi limite rappresentati da Spagna e Irlanda, è sorprendente notare che il "corrotto e inefficiente" stato greco spendeva meno di quello tedesco.
Da questa breve ma significativa analisi, credo di poter trarre la seguente conclusione. Di certo, i tanti sprechi presenti nelle varie amministrazioni pubbliche andrebbero eliminati il più possibile. Ma un conto è sostenere, a priori, che bisogna tagliare la spesa pubblica, quando, a giudicare dal livello degli altri paesi europei, non emerge una così rilevante, e urgente, necessità. E un altro è propendere per una maggiore efficienza e/o per una differente allocazione della spesa. Tanto per citare un esempio, sarebbe auspicabile aumentare i fondi destinati all'istruzione che, come abbiamo visto
qui, non sono in linea con quelli della media europea.
Purtroppo però, molto spesso, accade che i discorsi sulla spesa pubblica prescindano dalla realtà dei fatti, e presentino forti connotazioni ideologiche. Un esempio, fra i tanti, è la discussione che vi propongo di seguito, che mi è capitato di fare su Twitter con Alessandro De Nicola (presidente dell'associazione Adam Smith Society e professore di diritto commerciale all'Università Bocconi di Milano) autore dell'articolo che segue.
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